Settimana Santa/ Riflessioni di Mons. Leonardo Bonanno


Sabato Santo

Qualcuno in questi giorni ha scritto “Siamo sulla stessa barca” e qualche altro “Siamo nella stessa tempesta”: due termini che evocano episodi evangelici, richiamati anche dal Santo Padre Francesco che in questo tempo di paura per la “barca di Pietro”. Proprio il principe degli Apostoli ci ricorda di “rendere ragione della nostra speranza”, se abbiamo creduto in Cristo (traguardo che sembrava ufficialmente impossibile anche a lui). In questo Sabato Santo, da sempre per la liturgia tempo di silenzio, nel quale si adora la Croce di Cristo, che campeggia sui nostri altari disadorni, interiorizziamo il messaggio di morte e resurrezione del Signore. Privati della presenza fisica del nostro popolo raggiungiamolo, se  possiamo, con i mezzi “virtuali” (il termine dice proprio virtù); facciamo cioè di necessità virtù. Come scriveva il teologo Congar agli inizi del Concilio: «Il tempio anche senza fedeli conserva il suo valore ricco di simboli»! Riprendiamo, come ha fatto lodevolmente qualche nostro parroco insieme ai fedeli, la recita della preghiera del vescovo Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, la Comunione Spirituale nella impossibilità di ricevere quella sacramentale. E’ una breve ma intensa preghiera che abbiamo appreso da ragazzi nei nostri Seminari, che ci hanno dato una formazione solida, capace di farci superare anche tempi di crisi nell’esercizio del nostro ministero. Auguri di Buona Pasqua ai presbiteri, alle loro comunità e a quanti leggono questo sito.

† Leonardo, vescovo

Venerdì Santo

La conclusione delle liturgia della Cena del Signore, che ieri sera abbiamo evocato nel clima della austerità imposta dagli eventi, prevedeva la collocazione dell’Eucarestia in una cappella dove poter essere adorata dai fedeli. Nel semplice rito processionale veniva indicato simbolicamente il cammino spirituale che consenta di entrare nel mistero di fede di Gesù di Nazareth, uomo solo, dimenticato, deriso, ben sapendo che egli è “luce del mondo” capace di illuminare anche noi nell’ora della solitudine e delle tenebre. Vogliamo pregarlo di essere accanto a noi nel mezzo della notte di questo mondo e di far sorgere tramite noi la nuova città, lo spazio di una vita di pace, una nuova creazione. Un’ambizione grande, certamente, anzi sovrumana perchè impegna lo stesso Dio Onnipotente, creatore del cielo e della terra, nella quale siamo noi anche solo pellegrini, redenti dal sacrificio di Cristo. Egli nel mistero pasquale ci ricorda che l’amore di Dio è più forte della potenza della distruzione. Nella liturgia dell’adorazione della Croce, nel pomeriggio di questo venerdì santo, la Chiesa ci invita a contemplare nel silenzio il Crocifisso, guardare a Colui che è stato umiliato per noi dal cui costato è nata e si alimenta la vita del suo popolo.

† Leonardo, vescovo

Giovedì Santo

E’ sempre un giorno solenne per la Chiesa il Giovedì Santo, benché sia giorno feriale e quest’anno ricorra in un tempo di isolamento per l’intera famiglia umana e quindi per la comunità ecclesiale. Ai credenti, e specialmente ai sacerdoti, non può sfuggire la dimensione relazionale delle istituzioni donateci dal Maestro, l’Eucarestia e il sacerdozio ministeriale, che insieme esprimono la volontà di un Dio che si è fatto uomo per servire, per continuare a servire. Alle radici del nostro essere apostoli c’è una vocazione d’Amore e un invito ad amare. E’ il compito perenne della Chiesa, nata dal costato del Salvatore sulla Croce e perpetuata sui nostri altari. Il sacerdote, è stato ben detto, «alter Christus», responsabilità, che fa tremare i nostri cuori e della quale siamo chiamati a rispondere allo stesso Signore, sommo Sacerdote, ed al suo popolo. Sentiamoci oggi e nei giorni che verranno in comunione con lui e tra noi, nella sincerità dei nostri incontri e dei nostri rapporti, non episodici ma stabili, anche quando non sono percepibili dai nostri sensi. Auguro a tutti i confratelli presbiteri di poter essere fedeli al progetto divino.

† Leonardo, vescovo

Mercoledì Santo

Alla vigilia del Triduo Pasquale sento il dovere di richiamare i sacerdoti e i religiosi della Diocesi, specialmente i Parroci, alla scrupolosa osservanza delle norme vigenti in Italia per contenere il diffondersi dell’epidemia che sta mietendo vittime ovunque. Anche a noi, consacrati e fedeli laici, è richiesto un comportamento improntato alla prudenza, al sacrificio, alla rinuncia circa quanto fino allo scorso anno era consuetudine pacifica della nostra vita religiosa. Sappiamo che il Signore guarda il cuore, specialmente se contrito ed umiliato, e ci invita attraverso l’apostolo Paolo ad essere «lieti nella speranza, perseveranti nella prova, costanti nella preghiera» (Rm 12,12). Non lasciamoci prendere dall’operare eccentrico, specialmente in campo liturgico, divenendo «spettacolo per il mondo», che sa apprezzare i vari modelli di vita e di verità in ogni tempo. È tempo di pensare all’essenziale in ogni ambito della vita sociale ed ecclesiale, di coltivare con la preghiera quotidiana e personale la nostra vita interiore ed essere di sostegno al nostro popolo in questa calamità.

† Leonardo, vescovo

Martedì Santo – Il mio ricordo di Sergio

Sergio Caparelli

La notizia della improvvisa scomparsa del piccolo Sergio Caparelli, di circa otto anni, avvenuta il 15 gennaio 2011 sui banchi della Scuola Elementare di contrada Iotta di San Marco Argentano, mi è giunta a Roma dove mi ero recato per prestare giuramento presso la Congregazione per i Vescovi, essendo stato eletto il 7 gennaio alla sede vescovile di San Marco Argentano-Scalea. Provai un profondo dolore nell’apprendere la triste notizia e nel contempo un senso di spirituale appartenenza, che mi legava al piccolo e alla sua famigli, benché ancora non li conoscessi. In un messaggio inviato dalle Poste Vaticane espressi ai genitori di Sergio la mia vicinanza al loro dolore con la preghiera e l’affetto, invitandoli a guardare al loro figlio come a un angelo nel firmamento del Cielo. Feci l’ingresso a San Marco il sabato 2 aprile di quell’anno, festa di San Francesco di Paola, compatrono della diocesi, mentre il giorno dopo mi sono recato in pellegrinaggio presso il nostro Santuario Mariano del Pettoruto. Partecipai per alcuni giorni alla Conferenza Episcopale Calabra ed il 7 aprile di buon’ora iniziai il mio servizio pastorale nel centro diocesi, partecipando alla intitolazione delle Scuole Elementari di Iotta a Sergio Caparelli. Con i rappresentanti dell’Amministrazione comunale del tempo, con il Presidente della Provincia, mio conterraneo, con la comunità scolastica e tanti amici della famiglia Caparelli incontrammo i genitori di Sergio, Debora e Daniele, e gli altri familiari presenti alla cerimonia. Nei diversi interventi sono stati espressi sentimenti di solidarietà cristiana mentre io rivolsi all’attonito uditorio parole di speranza, “virtù che, come dice S. Paolo, non delude”. Lo stesso apostolo ci ricorda (si era prossimità della Pasqua del Signore): “Se Cristo non fosse risorto noi crederemmo invano”. Dissi ancora che il nostro piccolo fratello, non più visibilmente presente in mezzo a noi, era stato chiamato assai presto in Paradiso, come avvenne per i fanciulli Francesco e Giacinta di Fatima. Trasfigurato in Dio anch’egli avrebbe potuto godere in qualche modo dell’onnipotenza divina, tanto che sarebbe stato possibile ai suoi cari avvertirne i segni della sua presenza. Abbracciai papà e mamma lasciando loro, come segno di affetto, un’immagine della Vergine Maria, che tiene in braccio il Bambino Gesù. Negli anni successivi, specialmente leggendo il libro “E guardai il Cielo” di Debora Roberto (madre di Sergio) trovai la conferma di un Dio che si fa vicino alla sofferenza dei suoi figli. Tutta la Bibbia infatti ci aiuta a comprendere come il nostro è il Dio dell’Amore e della Vita e la Parola di Dio ha aiutato in questi anni la famiglia Caparelli a dare un senso al loro dolore come anche i due pellegrinaggi compiuti da Debora e parenti a Medjugorje, dove la Mamma celeste continua a parlare ai suoi figli nel dolore. Domani Sergio compirà diciotto anni, il tempo della maturità non più calcolata secondo il metro umano ma secondo il ritmo dell’eternità. E’ sempre il chicco di grano che muore, rinasce a nuova vita, anzi si moltiplica: un miracolo che avviene costantemente sotto i nostri occhi e che vale ancor di più per noi figli di Dio, destinati all’immortalità. Finché saremo nel tempo coltiviamo la pazienza dell’attesa fiduciosa del giorno della Risurrezione, che verrà anche per noi. Io sarò spiritualmente vicino a Sergio e ai suoi cari celebrando in solitudine il sacrificio eucaristico del Martedì Santo nella Cappella dell’Episcopio, in questa settimana di particolare passione per l’umanità.

† Leonardo, Vescovo

Lunedì Santo

La Domenica delle Palme, pur nel clima dell’austerità che stiamo vivendo, credo abbia evocato in tanti di noi il tempo spensierato e festoso della fanciullezza quando con la famiglia ci si recava in chiesa rievocando l’ingresso di Gesù nella Città Santa. Nella sofferenza oggi, che ci rende più vicini tra noi e più capaci di uno sguardo amorevole verso gli altri, abbiamo meglio capito che quel Gesù di Nazareth osannato (i figli degli ebrei cantavano “osanna al Figlio di Davide”) era prossimo alla passione e alla morte per compiere il mistero di amore del Dio fatto uomo. Nella chiesa e in particolare partecipando ai sacramenti noi potremo ricevere i frutti, se lo vogliamo, di quell’unico sacrificio del Figlio di Dio immolato sulla croce. Esso infatti si rinnova in modo incruento sui nostri altari, sempre e ovunque, perché nessuno sia escluso dalla linfa vitale sgorgata dal costato di Cristo. E’ questo il più grande antidoto a qualsiasi male che possa contagiare l’uomo, facendogli avvertire il senso della sua fragilità e a volte impotenza, nonostante l’apparente e spesso conclamata grandezza.

† Leonardo, vescovo

Domenica delle Palme

In osservanza alle norme civili vigenti, vincolanti anche per la Chiesa italiana, come per i confratelli Vescovi nelle loro cattedrali e i presbiteri nelle loro parrocchie, ho celebrato stamane la solennità delle Palme in duomo da solo, assistito a distanza dal parroco, in funzione di lettore. La chiesa era aperta ma vuota e ciò mi è sembrato sufficiente per far giungere l’eco della mia preghiera di Vescovo al Popolo di Dio di San Marco Argentano e degli altri 31 comuni della Diocesi. Sappiamo che la preghiera può valicare i confini del tempo e dello spazio e la grazia di Dio passa nelle nostre vite in modo impercettibile. Mancano, è vero, i sacramenti, che possono essere sostituiti dal “desiderio” di riceverli (anche per il battesimo, la Santa Eucaristia). Se il silenzio, da sempre coltivato nella vita monastica, costituisce “l’orma di Dio nel vasto deserto interiore” (Madre M. Grazia abbadessa del monastero di San Giulio d’Orta). In questo tempo di crisi epocale esso fa emergere la domanda di senso che più contano nella vita di ciascuno di noi, chierico o fedele laico. Stamane nell’Ufficio delle Letture (Seconda lettura) Sant’Andrea di Creta, Vescovo ci ha ricordato: «corriamo anche noi insieme a colui che si  affretta verso la passione (…) non però per stendere davanti a lui lungo il suo cammino rami d’olivo o di palme, tappeti o altre cose del genere, ma come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi piedi le nostre persone».

Auguri

†Leonardo, vescovo


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