La storia

Dalle origini ad oggi

La Diocesi di San Marco si affaccia alla storia con i Normanni alla metà dell’XI sec., il cui processo di latinizzazione da loro avviato in Calabria ne sancisce il reinserimento nell’alveo dell’occidente europeo. I Normanni, costruendo sul fondamento dei Longobardi, ne valorizzarono la posizione strategica del luogo.

La città si identifica con l’antica Argentanum, menzionata da Tito Livio, storico romano, nel libro XXX delle Historiae Romanae insieme a Cosenza e altre città bruzie.

Secondo una millenaria ed ininterrotta tradizione, sostenuta da tutti gli autori locali e regionali, l’Evangelista San Marco avrebbe predicato nella Valle del Crati e operato la conversione alla Nuova Fede dell’ antico centro di Argentanum, conferendo allo stesso la dignità di sede vescovile.

La fondazione in età apostolica della Diocesi è priva di un adeguato fondamento storico: la venuta di San Marco non è suffragata infatti da scritti anteriori alla seconda metà del Cinquecento e la denominazione assunta dall’abitato è attestata solo alla fine del X sec. Per trovare i primi documenti storici bisogna risalire all’XI sec.

Il Guiscardo, avendo scelto il Castrum Sancti Marci come propria residenza e come centro delle operazioni militari in Valle del Crati (1048-1085), lo volle sottratto per evidenti ragioni di prestigio e di autonomia all’autorità spirituale del Vescovo di Malvito, erigendolo in Diocesi autonoma e immediatamente soggetta alla Santa Sede.

Tra le carte latine di abbazie calabresi, si individua nel diploma di dotazione dell’Abbazia di Santa Maria della Matina, del Marzo 1065, il termine a quo dell’arco temporale in cui può collocarsi la fondazione del vescovado di San Marco: il diploma menziona i Vescovi intervenuti alla consacrazione della chiesa dell’Abbazia della Matina, tra i quali figurano l’Arcivescovo di Cosenza Arnolfo, il Vescovo di Rapolla, Oddone e il Vescovo di Malvito Lorenzo, ma non compare alcun Vescovo di San Marco (benchè nel suo territorio ricada il complesso monastico) la cui presenza e menzione non poteva essere trascurata se fosse stata eretta in antecedenza; il termine ad quem è individuato in una Bolla di Papa Urbano II, promulgata nell’ottobre 1092 presso il monastero di Santa Maria della Matina in Diocesi di San Marco, data per altro prossima a quella di un altro documento e cioè la relatio sulla traslazione delle reliquie di San Nicola di Mira a Bari, risalente al 1087, alla quale l’Arcivescovo di Bari presenzia cum Godoino Argentanae Urbis Archiepiscopo.

Questa relatio ci dà la sicurezza che la sede vescovile fu eretta da Roberto il Guiscardo verso il 1080, cioè contemporaneamente a quella di Mileto che fu fondata dal Conte Ruggero.

Dal Medioevo al Concilio di Trento

La più importante istituzione monastica medievale, presente nella Diocesi di San Marco è stata senza dubbio l’Abbazia di Santa Maria della Matina.

E’ a somiglianza nello stile delle più famose abbazie di Casamari e Fossanova. La sua fondazione si fa risalire al condottiero normanno, il Guiscardo e fu immediatamente soggetta alla Santa Sede, cosi come si rileva da una Bolla di Papa Alessandro II datata il 9 giugno 1065. Dall’ anno di fondazione 1059-1060 a guidarla furono i monaci benedettini.

Successivamente cioè nell’anno 1222, il Papa Onorio III autorizzò, i Cistercensi a trasferirsi dal monastero della Sanbucina di Luzzi (CS) la cui località era esposta ai terremoti e inadatta, all’Abbazia della Matina.

Durante il periodo di splendore fu onorata da uomini illustri come Papa Urbano II che vi sostò nel novembre del 1092, ricevendo una delegazione di monaci francesi di Marmouter.

Inoltre fu visitata dall’Imperatore Federico II di Svevia di ritorno da Cosenza dopo la consacrazione del Duomo nel 1222. Nel 1321 l’Abate cistercense Tommaso fu eletto Vescovo di San Marco. Il declino dell’Abbazia si ebbe nel 1410 quando fu affidata agli Abati Commendatari che sfruttando le rendite del monastero contribuirono alla sua decadenza. Nell’anno 1429, nell’antico cenobio francescano, accompagnato dai genitori, vestì l’abito votivo il tredicenne, Francesco di Paola dimorandovi un anno.

Fu proprio un Vescovo di San Marco, Monsignor Goffredo de Castro (1473-1484), che per incarico del Papa Sisto IV, approvò la Bolla di Pirro Caracciolo Arcivescovo di Cosenza, del 30 novembre 1473, con la quale si darà il riconoscimento giuridico al nuovo ordine fondato da San Francesco di Paola.

Da Trento al 1818

La Riforma Tridentina trovò piena attuazione nella Diocesi di San Marco. Grandi ed illustri Pastori come il Cardinale Guglielmo Sirleto (1566-1567) scrupoloso difensore dei canoni tridentini, nel breve periodo in cui fece residenza a San Marco, avviò la Diocesi ad illuminate ed efficaci riforme dando inizio all’erezione del Seminario e dando disposizioni per rialzare la vita spirituale dei fedeli.

Altri insigni pastori degni di menzione sono: Coriolano Martirano (1530-1553) uno dei segretari del concilio di Trento, che nella seconda sessione del 7 gennaio 1546 tenne un famoso discorso, nel quale esortava i padri a sorreggere la Navicella di Pietro, correggendo i costumi corrotti e riformando la disciplina del clero.

Tra i padri del concilio troviamo Fabrizio Landriano (1562-1566) nipote di San Carlo Borromeo, Vescovo di San Marco e come teologo del Concilio molto apprezzato dal Moroni troviamo Matteo Guerra (1576-1578) che sarà poi Vescovo di San Marco. Gli effetti salutari del concilio furono: la celebrazione del primo Sinodo diocesano nel 1627 durante l’episcopato di Monsignor Giovanni Battista Indelli. Nell’anno medesimo lo stesso Vescovo eresse con decreto in Diocesi il primo monastero femminile delle clarisse di Santa Chiara.

Nell’anno 1707, il 13 Ottobre, Don Gennaro Amodei regnando il Papa Clemente XI, partì missionario in Cina insieme a Padre Matteo Ripa e altri sei compagni e vi morì santamente. Dall’anno 1810 fino al 1818 ci fu in Diocesi una vacanza di nove anni dovuta all’interruzione delle relazioni tra la Santa Sede e il Regno di Napoli.

Dal 1818 al Vaticano II

Il Concordato tra la Santa Sede e il Regno di Napoli previde anche la ristrutturazione delle Diocesi calabresi. La Bolla di Papa Pio VII del 27 giugno 1818 “DE UTILIORI”, univa San Marco a Bisignano. La seconda metà del XIX sec. fu quasi interamente coperta dall’opera pastorale del Vescovo Mons. Livio Parladore (1849-1888).

Durante il suo governo pastorale di poco meno di 40 anni seppe coniugare dottrina e pietà e lasciò i regolamenti per i Seminari di San Marco e Bisignano e i testi delle sue visite pastorali. Restaurò le cattedrali e gli episcopi di entrambi le Diocesi, dopo le rovine seminate dai terremoti, che devastarono le due città lungo il decennio (1850-1860).

Intervenne a Roma l’8 dicembre 1854 alla solenne proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione. La pagina più bella egli la scrisse in occasione del colera del 1855. In quella circostanza si dimostrò novello San Carlo Borromeo, visitando e confortando gli ammalati, amministrando i sacramenti ed elargendo elemosina ai bisognosi. Partecipò infine al Concilio Vaticano I (1869-1870) e parlò ascoltato e ammirato a favore del Dogma dell’Infallibilità Pontificia.

L’ultimo Vescovo delle Diocesi unite fu Mons. Luigi Rinaldi (1956-1977) che preannunziò il Concilio Vaticano II, preparando i suoi fedeli con la Pastorale “il Nostro Concilio” del 28 agosto 1962.

Nel 1979, 4 Aprile, con la Bolla “Quo Aptius”, Papa Giovanni Paolo II unì la Diocesi di Bisignano a Cosenza, mentre a quella di San Marco diede una nuova conformazione con l’attribuzione della zona dell’alto tirreno, già Diocesi di Cassano all’Jonio. Ha assunto la denominazione di Diocesi di San Marco Argentano-Scalea.

Nel 1997, alla Diocesi furono aggregate le parrocchie dei comuni di Guardia Piemontese ed Acquappesa, provenienti dall’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano. Dal 2001, con la costituzione in Calabria delle Metropolie, è suffraganea dell’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano.

Testo a cura di don Luigi GazzaneoArchivista Diocesano