118° anniversario dell’Incoronazione della Madonna della Grotta – Praia a Mare

21-05-2023

Pensiero omiletico Ascensione di Gesù

(118° anniversario dell’Incoronazione della Madonna della Grotta – Praia a Mare) 

 

Carissimi, 

il lungo cammino della Pasqua sta per volgere al termine. Domenica prossima sarà già Pentecoste. La saggezza degli antichi pellegrini ci insegna che quando si intravede la meta, è proprio allora che bisogna raccogliere tutte le energie e convogliarle per spenderle con intelligenza, senza sprecare le forze rimaste. Di tanto in tanto occorre fermarsi, riflettere, abbeverarsi e ossigenare le membra affaticate.  In questa metafora è racchiuso il senso del nostro pellegrinaggio odierno, quello che ci ha condotti in un luogo così affascinante, ricco di storia e di spiritualità mariana. La grotta di Praia è ciò che identifica questa cittadina, insieme all’Isola Dino. Ma se vogliamo identificare la vera bellezza che fa risplendere di santità Praia e i praiesi, non possiamo esimerci dal riconoscere la sua devozione alla Madonna della Grotta. Praia splende di spiritualità e devozione alla Madonna della Grotta! Vogliamo allora accogliere il senso di questa devozione, rinnovandola, purificandola e incarnandola nella nostra vita perchè non ci stanchiamo mai di sentirci coinvolti in un continuo processo di conversione che richiede la fatica del camminare, la pazienza della perseveranza, la sapienza di compiere le scelte giuste e gradite a Dio. Saluto il Rettore del Santuario, il carissimo don Paolo, i sacerdoti dell’unità pastorale di Praia, le suore, i laici, i portatori della statua, i devoti del Santuario, coloro che impegnano le loro forze ed energie nella custodia e la divulgazione del patrimonio storico, artistico e culturale di questo luogo. Saluto con affetto il Sindaco e l’amministrazione comunale, i rappresentanti delle autorità civili e militari qui presenti. Affido tutti voi alla materna intercessione della Vergine della Grotta. Oggi ricorre il 118° anniversario dell’Incoronazione della statua. Un rito che si tramanda da più di un secolo e che ha il significato di riconoscere in Maria la Madre tenera a cui noi suoi figli ci affidiamo, contemplando in Lei l’immagine della Creatura perfetta che si è lasciata guidare dalla mano potente di Dio nella fiduciosa realizzazione di una storia di amore che continua a compiersi nelle nostre vite. Questa solenne liturgia coinvolge le comunità parrocchiali di Praia, nel vincolo dell’unità e dell’amore. Continuiamo a lavorare nella sinergia e a favore della realizzazione piena della comunione perchè, parafrasando le parole del Maestro, “vi riconosceranno da come vi amate”. L’amore autentico è generato attraverso l’impegno che mettiamo nel camminare nella stessa direzione, tralasciando ogni pretesa egoistica di superiorità, mettendo da parte la soluzione di “giocare di anticipo”, e valorizzando ogni occasione di condivisione fraterna con dedizione e spirito di sacrificio. La comunità del Sacro Cuore, in particolare, ha vissuto giorni di grazia: l’opera evangelizzatrice dei Padri Oblati è stato un tempo favorevole in cui si è potuto sperimentare la bontà del Seminatore che “è uscito a seminare” la sua Parola. Ha gettato il seme in abbondanza, senza tener conto della sua ricaduta sulla qualità del terreno. A voi l’impegno ad accogliere la grazia elargita per coltivare il germe della speranza cristiana che porti frutto a suo tempo. Non dimentichiamoci di far tesoro di queste occasioni che il Signore ci offre gratuitamente perché è in essi che dobbiamo intravedere i segni di Dio e i sogni che Lui stesso coltiva nel suo cuore per noi. La liturgia di oggi celebra la solennità dell’Ascensione di Gesù al cielo. Essa è connotata da una certa paradossalità e da un tratto di evidente tristezza che nasce da un fattore oggettivo, di cui anche noi facciamo esperienza: il dolore del distacco. È importante sottolineare che l’Ascensione di Gesù al cielo si collochi in mezzo a due grandi eventi: la Risurrezione e la Pentecoste. Questi si possono comprendere con maggiore facilità per la loro incidenza sulla comunità dei credenti, dal momento che la Risurrezione e la viva presenza dello Spirito Santo si riversano sul corpo ecclesiale come doni che qualificano il cammino della Chiesa: celebriamo, infatti, nell’Eucaristia il memoriale della Risurrezione e attraverso lo Spirito partecipiamo alla vita del Risorto. Desta stupore e crea imbarazzo il mistero dell’Ascensione di Gesù. Come è possibile gioire per uno che se ne va via? Perché i discepoli non sono tristi nel ravvisare il termine della missione terrena del loro maestro? Qual è il motivo che ci spinge a celebrare l’Ascensione con i toni della gioia e della festa? La conferma della gioia ci viene offerta dal Salmo di oggi che descrive come un cantico di esultanza l’Ascensione al cielo. Si incontrano in un tenero abbraccio la gioia di Dio che si colloca sul trono della sua gloria e la risposta dell’uomo che si apre alla lode: 

“Ascende Dio tra le acclamazioni, il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni, cantate inni al nostro re, cantate inni”. 

Questa gioia apparentemente stride con l’accaduto narrato nel Vangelo di Matteo. Gesù lascia definitivamente i suoi, dopo essersi mostrato vivo in più occasioni e aver dato prova che la Risurrezione si è adempiuta. Tuttavia, non è la gioia il sentimento che sperimentiamo quanto si fanno i conti con la separazione o la perdita di una persona che si ama. Naturalmente si genera nel cuore la tristezza del distacco, si resta chiusi in sé stessi, nel proprio dolore, leccandosi le ferite, e immaginando con un po’ di speranza di non dirsi addio, ma arrivederci. Eppure, il Vangelo di oggi ci sorprende per il suo messaggio carico di gioia! Per capire un po’ il senso dell’Ascensione dovremmo ricorrere alla metafora del bambino e alla sua fatica nell’imparare a camminare. Questa immagine è densa di significati e può aiutarci a capire anche il nostro modo di impostare la relazione con Dio. Ogni bambino avverte dentro di sè una fatica immane a restare in piedi quando sta iniziando a muovere i primi passi con le sue gambe. Si sente sicuro a camminare solo quando è sorretto dalle mani dei genitori e ne sente la voce che gli infonde coraggio. Eppure, in realtà, non sta camminando in autonomia. 

C’è un momento preciso che segna la sua piena maturità e la consapevolezza di saper camminare. È il momento in cui i genitori si fanno da parte, gli lasciano le mani e lo spingono a muoversi liberamente. Quel momento è certamente drammatico per il bambino perché avverte il senso della solitudine, il pericolo di cadere, l’incertezza del procedere, l’impossibilità di compiere tale impresa. Tuttavia, se arriva a camminare è grazie al gesto di commiato dei suoi genitori che generano in lui il senso della maturità. Con questa metafora possiamo dare un primo significato all’Ascensione. Gesù stesso ricordava nelle scorse domeniche che “se non me ne vado non verrà a voi un altro Paraclito”. Il suo misterioso commiato certamente ha dei connotati di tristezza, ma non può che essere utile per generare nei discepoli quella maturità che gli doni la forza e il coraggio di poter continuare l’opera prodigiosa della salvezza. Ed essa si concretizza nella promessa del Paraclito, come ci viene ricordato nella prima lettura degli Atti degli Apostoli: “riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra”. Questa promessa oggi si realizza per noi se riconosciamo con gli occhi della fede i segni del Risorto, la sua opera che si realizza con puntualità nella nostra vita e che ci fa sollevare gli occhi al cielo per contemplare che egli intercede presso il Padre a nostro favore e ci conferma nella fiducia di poterlo invocare come custode delle nostre anime. Il primo significato da attribuire alla festa di oggi è quello di insegnarci a camminare con i nostri piedi. In questo senso la nostra fede non sarà mai da concepire come un sapere astratto a cui aderire meccanicamente o pensando che tutto si risolva in un’obbedienza cieca che non coinvolga la nostra libertà interiore. La Vergine Maria ha vissuto un cammino di fede progressivo, riscoprendo giorno dopo giorno nella sua storia i segni della grazia di Dio. Lo ha fatto con libertà di cuore e prontezza di Spirito. La libertà del cuore è il dono che anche noi vogliamo chiedere al Signore per imparare ad aprirci alla sua grazia con adesione di figli. L’Ascensione ci ricorda che siamo figli liberi, figli di un Padre che desidera promuovere la nostra libertà. Questo ci fa capire quale sia la relazione da vivere con Dio. Una relazione da figli liberi! Liberi da compromessi, liberi dalle schiavitù, liberi di accogliere con docilità la sua Parola. L’esempio dell’Eccomi di Maria, ci permette di credere nella puntuale realizzazione del progetto di Dio che si realizza nonostante le nostre imperfezioni. Così ci viene descritto nella prima lettura degli Atti dove possiamo vedere come gli Apostoli siano ancora imperfetti nella loro fede e nella loro speranza. Chiedono a Gesù conferme sul tempo della ricostruzione del regno d’Israele. Essi ancora ragionano alla maniera umana e vedono in Gesù un restauratore di regni terreni. Alla negatività di una prima risposta che non conferma quanto pensato da loro, Gesù risponde con una promessa spiazzante: “avrete forza dallo Spirito Santo”. Solo così i discepoli possono diventare testimoni, senza paure e inquietudini: è lo Spirito a donare la forza della testimonianza. La narrazione di Luca si concentra su una descrizione semplice e bella dell’Ascensione: Gesù è elevato al cielo, mentre gli Apostoli osservano tale prodigio e due angeli annunciano il ritorno nel giudizio finale. Tale profezia permette agli Apostoli di non restare ancorati con lo sguardo al cielo. Essi ritornano alla terra perché su di essa occorre lavorare alla diffusione del Regno. Il Cristiano ha gli occhi verso il cielo, ma i piedi sempre a terra in modo da coniugare contemplazione e azione, per essere – come soleva dire don Tonino Bello – “contemplattivi”! Sentiamo anche noi nel nostro cuore la speranza meravigliosa di raggiungere Cristo in Cielo, impegnandoci a servirlo nella missione sulla terra. 

Come i discepoli mandati in missione così anche noi continuiamo ad annunciare e ad insegnare ciò che Gesù ci ha comandato. Da cosa nasce il conforto che ci comunica l’Ascensione? Dal fatto che egli ci ha promesso di “stare in mezzo a noi tutti i giorni, sono alla fine del mondo”. La Vergine Maria è stata la prima ad accogliere questa verità quando l’angelo le aveva annunciato il nome del nascituro, Emmanuele, che significa “Dio è con noi”. Egli è sempre con noi, nella nostra vita ordinaria, nelle difficoltà e nelle lotte, in tutte le occasioni di grazia che ci vengono offerte per progredire nell’amore. Alla Vergine Maria della Grotta affidiamo i nostri cuori perché la sua maternità divina generi in noi il desiderio di compiere il bene e di accogliere ogni insegnamento divino per vivere da figli liberi e maturi nella fede. Evviva Maria!