Omelia Festa Madonna Addolorata – Giugliano 2023
Carissimi,
la felice ricorrenza della festa della Madonna Addolorata, venerata con ardore e viva fede dal popolo giuglianese, offre l’occasione propizia per ritrovarci insieme a pregare, condividendo il pane della Parola e quello dell’Eucaristia, nel cui mistero si compie il dono supremo del Padre, donandoci il Figlio per la nostra salvezza. Con il Figlio Gesù, ci viene offerta la Vergine Maria, nostra Madre, oggi venerata sotto il titolo di Madonna Addolorata.
La devozione alla Vergine Addolorata è di chiara matrice evangelica: i brani che descrivono i dolori di Maria e la sua straziante compartecipazione alla crocifissione del Figlio Gesù, hanno favorito nel corso dei secoli il proliferarsi di opere artistiche, preghiere, inni, cantici e riflessioni che sono sfociate in una ininterrotta devozione che giunge fino ai nostri giorni. Papa Pio VII nel 1814 introdusse la Festa della Madonna Addolorata nel calendario liturgico romano, collocandola al 15 di settembre.
Domandiamoci quale sia il senso di questa festa, chiediamoci perché ancora oggi siamo qui a venerare la Mater dolorosa. Quale posto assegniamo nella nostra vita alla presenza di Maria? Sono tutte domande che interpellano le nostre coscienze e che ci collocano nella disposizione “mariana” della meditazione silenziosa nel nostro cuore, dove il sacrario interiore dell’anima diventa il luogo intimo in cui sperimentare la presenza di Dio che ci chiede di denudarci dei nostri sandali polverosi che sanno di idee preconfezionate e di pregiudizi stagnanti, per accogliere la sua novità e la sua promessa di felicità. Insieme alle promesse di Dio, siamo chiamati ad accogliere la promessa di Maria, quella cioè di realizzare la volontà di Dio ascoltando la sua voce e tenendo fisso il nostro orientamento verso le realtà divine. Il suo esempio di obbedienza incondizionata e di fedeltà alla vocazione ricevuta, ci spronano a renderci sempre più consapevoli di ciò che siamo, di quello che dobbiamo desiderare, e della nostra parte che siamo chiamati a realizzare. La festa dell’Addolorata ci dischiude il senso dell’esperienza della sofferenza trasfigurata. Quella del cristiano, infatti, si traduce in esperienza di dolore trasfigurato e trasfigurante.
L’umanità fa esperienza del dolore e della sofferenza come espressione di quella condizione adamitica che si è originata a seguito del peccato di disobbedienza nell’Eden. Questo tratto distintivo comune ad ogni uomo, è certamente indesiderato e ingiustificato. Chi potrebbe dirsi felice di soffrire? L’obbedienza di Gesù alla volontà del Padre, nella forma suprema del sacrificio sulla croce, rompe il meccanismo della sofferenza insensata. Quella del cristiano non è l’espressione del dolore fine a se stesso. La Vergine Addolorata ci aiuta a recuperare il senso della sofferenza trasfigurata e trasfigurante.
In ogni momento difficile, quando le forze cominciamo a venir meno e non si riesce a cogliere il significato del dolore, il ricorso alla Madre sofferente risulta di grande ausilio, generando nel cuore pace e serenità. Certamente l’esperienza del dolore mette alla prova la nostra fede. Vogliamo far nostro l’accorato appello appello dei discepoli che un giorno chiesero a Gesù di aumentare la loro fede: “Signore aumenta la nostra fede” (cfr. Lc 17,5-10). Essa ci consentirà di credere che è possibile che si realizzi l’impossibile. La vita di Abramo, di Mosè, di Maria Santissima, degli Apostoli e della schiera dei santi che ci hanno preceduto, ci trasmettono a testimonianza che la fede rende possibile l’impossibile. Questo si realizza quando la fede non è conseguenza di sentimenti, di ragionamenti astratti, di intuizioni teologiche, ma di un incontro personale con la misericordia di Dio.
Nella vita di Maria la fede si palesa nell’incontro personale con la grazia divina. In questo senso non possiamo ridurre il cristianesimo ad una filosofia di vita, ad un insieme di precetti morali da seguire. Il cristianesimo è incontro vivo e vero con Cristo, il quale si dona per noi fino a morire. La fede cristiana nasce dall’incontro con Gesù che ci spinge ad amarlo come Lui ci ha amati, nei fratelli e nelle sorelle che incontriamo, nei gesti di carità che riceviamo e doniamo, nell’amore che ci aiuta a non misurare le possibilità di realizzare l’impossibile a partire da noi, ma dal possibile che Dio realizza con noi e per noi. Ed è proprio in questo senso che vogliamo accogliere il messaggio della prima lettura tratta dalla Lettera agli Ebrei, nella quale la fede di Gesù si compie nella sua piena obbedienza alla volontà del Padre. La Redenzione operata da Cristo costituisce il rovesciamento totale della dinamica del peccato di Adamo. Alla disobbedienza del primo uomo corrisponde l’obbedienza perfetta di Cristo (cfr.Rm 5,18-19); all’atto di superbia del primo corrisponde l’umiltà dell’Incarnazione redentrice (cfr. Fil 2,6-11). L’accettazione della sofferenza appare come la condizione della manifestazione dell’obbedienza perfetta di Cristo. Adamo, infatti, aveva voluto affermare con la propria iniziativa l’ autonomia attiva della sua libertà; Cristo invece, accettando la sofferenza che accoglie come manifestazione della volontà del Padre, aderisce con tutto il cuore alle disposizioni divine riguardanti il compimento della Redenzione. Cristo non sceglie la sofferenza e neppure ne anticipa i tempi, ma accoglie il tutto come volontà di amore del Padre. Ed ecco che la preghiera di Gesù persegue un duplice fine: da una parte, chiedere di essere liberati dalla sofferenza e dalla morte, dall’altra, manifestare più profondamente l’adesione alla volontà d’amore del Padre: “Sia fatta la tua volontà”. Così Cristo ha vissuto la preghiera nel momento decisivo del Getsemani: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (cfr. Lc 22,40), e tale insegnamento si ritrova nella Lettera agli Ebrei che abbiamo ascoltato. Ciò che vale per Cristo vale anche per noi nella misura in cui siamo uniti a Lui e resi in tal modo capaci di partecipare attivamente alla nostra Redenzione.
Questa consapevolezza ci porta a trasfigurare le nostre sofferenze, a trasformare le nostre ferite in feritoie di luce, a considerare le nostri croci nella prospettiva della Risurrezione. Il cristiano è sorretto dalla consapevolezza che la Risurrezione è ciò che ci attende e illumina in prospettiva le notti oscure nelle quali – ci ricorda l’Apostolo Paolo – “il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne” (cfr. 2 Cor 4,17-18).
Ciò si realizza pienamente in Maria, docile e obbediente alla voce del Padre, dall’inizio fino alla fine della sua missione terrena. Ma per attuare il mistero della redenzione, si deve passare attraverso la misura e la sapienza della croce. In essa, ci ricorda San Paolo, vi è l’espressione di tutta la potenza di Dio, diventando salvezza per chi crede, perdizione per chi la rifiuta (cfr. 1Cor 2,18). Nella croce si stabilisce il criterio dell’amore cristiano, fatto di una verticalità che esprime l’amore per Dio e di una orizzontalità che impegna all’amore verso il prossimo. In Maria Addolorata si racchiude con estrema evidenza tutto il dinamismo salvifico dell’amore crocifisso. La Vergine del dolore “stabat” ai piedi della croce, trafitta nel cuore da una sofferenza ingiusta e straziante. La sua fede, tuttavia, non vacilla dinanzi alla barbarie che si stava consumando. La fede di Maria è ciò che ci aiuta a sostenere la fatica nell’apprendere l’ardua lezione della croce. Essa ci offre la possibilità di assimilare l’amore oblativo di Cristo, amore che si consuma fino alla fine, nella totale gratuità. Come è possibile rimanere inermi dinanzi ad un amore così grande? Si racconta in uno degli episodi della vita di San Francesco d’Assisi che un contadino, curioso di sapere come mai il Santo piangesse ininterrottamente, gli chiese: “Cos’è successo, fratello, perché piangi?” San Francesco rispose: “Fratello mio, il mio Signore è sulla Croce e mi chiedi perché piango? In questo momento vorrei essere il più grande oceano della terra per avere tutte quelle lacrime. Vorrei che si aprissero allo stesso tempo tutte le porte del mondo e le cataratte e che si scatenassero i diluvi per farmi prestare più lacrime. Ma anche se mettessimo insieme tutti i fiumi e i mari non ci sarebbero lacrime sufficienti per piangere il dolore e l’amore del mio Signore crocifisso. Vorrei avere le ali invincibili di un’aquila per attraversare le catene montuose e gridare sulle città: ‘L’Amore non è amato!’ Com’è possibile che gli uomini possano amarsi se non amano l’Amore?”.
La Vergine Addolorata ci insegna ad amare l’Amore di Gesù, ci impetra l’ardore di mettere in pratica le Beatitudini evangeliche, sopratutto quelle che ci impegnano ad essere solidali con chi soffre, sostenendo chi vacilla, aiutando chi è nel bisogno, amando chi ci causa offese, perdonando i nemici.
In questo clima di festa, guardando alla Madre dei dolori, vogliamo spalancare la porta del cuore, alla preghiera per le mamme che soffrono per i figli morti, per quelli che si smarriscono nelle vie tortuose del mondo che conducono alla perdizione. Non sia esente dai nostri pensieri il ricordo delle nostre mamme, in particolare di quelle che già vivono al cospetto di Dio, il cui esempio di dedizione e amore per la famiglia, ci educa ad accogliere la vita con impegno, entusiasmo, responsabilità e spirito di servizio.
Concludo la mia riflessione con una preghiera alla Vergine Addolorata che diventa espressione della vostre preghiere:
Vergine Addolorata,
dono di Gesù al discepolo amato,
impetraci nel cuore l’amore verso il Tuo Figlio, verso ogni uomo sofferente.
Sostenici nell’ora della prova, aiutando la nostra fede vacillante,
incoraggiando il nostro procedere sulla via dolorosa,
quella strada che ci conduce ad essere con-crocifissi insieme a Gesù.
Nel pieno abbandono alla volontà divina, sii nostra Madre che intercede per i tuoi figli.
Asciuga le lacrime della madri sofferenti, dei figli abbandonati, di quelli che offendono il cuore di Dio.
Accoglici tra le tua braccia, custodisci i nostri pensieri e i nostri desideri,
affinché accogliamo e viviamo l’amore di Dio con umana e divina trasparenza. Amen.