Carissimi,
siamo riuniti in questo Luogo Santo nel quale vogliamo ringraziare il Signore che ci offre l’occasione di incontrarci per la celebrazione dell’Eucaristia in occasione della festa dei Santi Martiri Argentanesi Dominata, Viatore, Cassiodoro e Senatore.
La vittoria dei martiri, la loro testimonianza resa alla potenza dell’amore di Dio continua a portare frutti anche oggi nella nostra Diocesi e nella Chiesa intera che ha ricevuto incremento spirituale dal loro sacrificio.
La celebrazione odierna ci concede l’opportunità di ritornare ai primi momenti, agli albori della Chiesa. Invita tutti noi a ricordare le grandi cose che Dio ha compiuto e continua a compiere e a custodire come tesoro il lascito di fede e di carità a noi affidato dagli antenati che ci hanno preceduto nella testimonianza della fede.
Nella misteriosa provvidenza di Dio, la fede cristiana giunse a San Marco attraverso la loro missione e il loro martirio; vi entrò attraverso la vita eroica dei martiri argentanesi. I primi cristiani aprirono le loro menti e i loro cuori a Gesù. Volevano conoscere e imitare quel Cristo che ha sofferto, è morto ed è risorto dai morti. La sequela di Gesù li condusse presto ad un incontro con il Signore stesso, ai primi battesimi, al desiderio di una vita sacramentale ed ecclesiale piena, e agli inizi di un impegno missionario. Fino a quando gli venne chiesto dal Signore di perdere la loro stessa vita per Lui.
Questa donazione ha portato i suoi frutti trasmettendo ai posteri quell’amore che trae ispirazione dalla Chiesa primitiva, nella quale i credenti erano veramente un cuore solo e un’anima sola, senza badare alle tradizionali differenze sociali, culturali e tradizionali (cfr At 4,32).
La storia dei martiri argentanesi ci dice molto sull’importanza, la dignità e la bellezza della vocazione dei laici! Rivolgo il mio saluto ai tanti fedeli laici qui presenti, in particolare alle famiglie cristiane che ogni giorno, mediante il loro esempio, educano i giovani alla fede e all’amore riconciliatore di Cristo. In maniera particolare saluto il Parroco don Vincenzo; con lui consentitemi di rivolgere un cordiale pensiero alle autorità civili e militari qui presenti, a tutti e a ciascuno.
Riflettiamo insieme sul significato che può assumere la festa dei martiri.
Oggi molto spesso sperimentiamo che la nostra fede viene messa alla prova dal mondo, e in moltissimi modi ci viene chiesto di scendere a compromessi, di diluire le esigenze radicali del Vangelo e conformarci allo spirito del tempo. Tuttavia, i martiri ci richiamano a mettere Cristo al di sopra di tutto e a vedere tutto il resto in questo mondo in relazione a Lui e al suo Regno eterno. Essi ci provocano a domandarci se vi sia qualcosa per cui saremmo disposti a morire. La storia di Dominata, quella di una madre amorevole, piena di zelo per la sua famiglia e in particolare per i suoi figli, ci ricorda quella della prima lettura tratta dal libro dei Maccabei: “Non temere questo carnefice, ma accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme ai tuoi fratelli nel giorno della misericordia”. È una madre a esortare in questo modo uno dei suoi sette figli che stanno per essere votati al martirio. Ella, con coraggio sovrumano, spinge i figli a non esitare nell’affrontare la morte, consapevole che essa non sarà un abisso di nulla e di dissoluzione ma una soglia aperta per entrare in una nuova vita, nell’abbraccio appunto della misericordia divina. La storia dei sette fratelli e della loro madre ha grandemente influenzato i cristiani perseguitati che sono morti martiri durante i primi secoli della Chiesa. In essa possiamo rileggere la storia di Dominata, la madre che insieme ai suoi figli, non retrocede dinanzi ai carnefici, non rinnega la fede in Cristo e accetta con coraggio di morire perché – con le parole di Paolo – riconosce che “il vivere è Cristo e il morire è un guadagno” (cfr. Fil 1,26).
Cari fratelli e sorelle, mi è gradito ricordare attraverso l’esempio di Dominata, l’eroica fede delle nostre madri, di quelle qui presenti e di quelle che già vivono al cospetto di Dio. Quanto è importante riscoprire il valore di una madre! La loro vita è una catechesi da custodire: danno la vita, si prendono cura dei figli, sono il pilastro su cui poggia il fondamento della famiglia, trasmettono la fede e non smettono mai di vivere la loro missione. Guardando alle nostre madri, all’eroica fede di Dominata e delle tante donne che si sono susseguite nella lunga tradizione della chiesa, viene da sottolineare l’elogio alla donna forte che si trova nel libro dei Proverbi: “Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Essa gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita…apre le sue mani al misero, stende la mano al povero” (cfr. Pr 31,10).
L’esempio dei martiri argentanesi, inoltre, ci insegna l’importanza della carità nella vita di fede. Fu la purezza della loro testimonianza a Cristo che li condusse ad una forma di vita fraterna che sfidava le rigide strutture sociali del loro tempo. Fu il loro rifiuto di dividere il duplice comandamento dell’amore a Dio e dell’amore al prossimo che li portò ad una così grande sollecitudine per le necessità dei fratelli. Il loro esempio ha molto da dire a noi, che viviamo in una società dove, accanto ad immense ricchezze, cresce in modo silenzioso la più degradante povertà, dove raramente viene ascoltato il grido dei poveri e dove Cristo continua a chiamare, chiede di amarlo e servirlo tendendo la mano ai nostri fratelli e sorelle bisognosi.
Se seguiamo l’esempio dei martiri e crediamo nella parola del Signore, allora comprenderemo la sublime libertà e la gioia con la quale essi andarono incontro alla morte. Così come ci viene suggerito da Gesù nel Vangelo di Matteo: “Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima”. L’eternità che ci attende relativizza il tempo, le circostanze, le storie del presente e ci libera dalla tentazione di mettere radici troppo profonde su questa terra. Siamo di passaggio e la vita cristiana si realizza come un meraviglioso pellegrinaggio verso il Paradiso.
La celebrazione odierna imprima nel nostro cuore il desiderio di pregare e di abbracciare gli innumerevoli martiri anonimi, in questo Paese e nel resto del mondo, i quali, specie nell’ultimo secolo, hanno offerto la propria vita per Cristo o hanno sofferto pesanti persecuzioni a causa del suo nome. C’è un martirio che tutti siamo chiamati a vivere, quello che ci viene richiesto dal Signore: rinnegare noi stessi quotidianamente e abbracciare con fede le nostre croci, senza la paura di non farcela, ma con la fiduciosa speranza riposta in Dio che ci sostiene in ogni passo.
L’eredità dei martiri argentanesi può ispirare tutti noi ad operare in armonia per una società più giusta, libera e riconciliata, contribuendo così alla pace e alla difesa dei valori autenticamente umani in questo Paese e nelle realtà di tutta la Diocesi. Amen.