Intervento per il Festival delle Riforme Culturali (V edizione) 5 giugno 2023 – Guardia
Tema generale: “Diversità linguistica e diversità culturale: risorse per un mondo sostenibile?”
Introduzione
L’intenzione primaria del Festival delle Riforme culturali è quella di promuovere cambiamenti culturali edificanti nella società contemporanea, attraverso la tutela e l’incoraggiamento alla valorizzazione delle micro-culture, delle loro lingue tradizionali portatrici di saperi e valori che ne hanno garantito la conservazione plurisecolare. Quelle che si definiscono “periferie” linguistiche, come nel caso degli occitani di Guardia, rappresentano una risorsa ancora tutta da esplorare. Occorre chiedersi quali siano le potenzialità delle micro-culture, a partire da un’efficace educazione all’interculturalità che non mira a distruggere ciò che è il proprium di un cultura perché lo inserisce in quadro armonico e dialogico che lo qualifica e arricchisce, ridisegnando i confini di uno spazio più ampio dove emergere e presentare le sue specificità. Educare all’interculturalità significa, innanzitutto, acquisire e comprenderne i concetti chiave, rispettare i suoi principi, capire le conseguenze della discriminazione, dei pregiudizi e degli stereotipi, nonché permettere l’applicazione attiva del sapere, delle abilità e della competenza interculturale,oltre a quelle generali, indispensabili in una società democratica.
Il dialogo interculturale è un fattore indispensabile e di estrema importanza in una società fondata sui valori.
La storia di Guardia è strettamente connessa con la presenza dei Valdesi, una comunità che rappresenta una preziosa testimonianza per la valorizzazione di quella dimensione di differenza culturale che arricchisce il patrimonio storico-religioso e culturale di questo Paese. Il festival delle Riforme ha intuito con lungimiranza profetica il desiderio che deve animare ogni buon cittadino a ritrovare nella riflessione e nella promozione del patrimonio culturale, cammini comuni, vie percorribili di comunione, sinergie strategiche per garantire una cultura dell’incontro in un mondo dove non possiamo esimerci dal vivere in una rete di relazioni reali e virtuali. La strada del dialogo è ciò che allontana la cultura del sospetto e della denigrazione. Il ricordo dell’eccidio dei Valdesi di Guardia è ancora una ferita che sanguina. Lo vogliamo ricordare a noi stessi perchè la memoria dolorosa di una triste pagina storica diventi un monito e un appello urgente alla pace e alla tutela dei diritti umani. In Calabra, terra in cui l’ospitalità rappresenta un valore sacro, si insediarono i Valdesi provenienti dal Piemonte. La Calabria era dunque per i valdesi luogo dove poter trovare tranquillità e pace fino alla loro adesione al protestantesimo (1532). Le guerre di religione scoppiate in seno alla lotta tra la Riforma Protestante e la Controriforma, incentivarono le ostilità nei confronti della minoranza valdese stanziatasi nel territorio calabro. In molti furono catturati e uccisi. Si ricorda, con particolare ferocia, l’irruzione delle truppe repressive della notte del 5 giugno 1561. Una triste e dolorosa pagina di storia che deve suscitare il desiderio ad attivarci per la promozione della pace e della repressione di ogni forma di violenza e prevaricazione, a partire dalla tutela di ogni persona, a cui si riconosce in ogni circostanza, il diritto alla tutela della vita e dell’identità culturale.
Un ponte ecumenico: Accra e Laudato sì
La Dichiarazione di Accra (Africa) 2004
La teologia della giustizia sociale adottata nel 2004 nel contesto della Dichiarazione di Accra afferma come le questioni relative alla giustizia economica ed ecologica non siano solo da ricondursi a temi sociali, politici e morali ma siano parte integrante della fede in Gesù Cristo e coinvolgano la chiesa nella sua interezza. Il punto di partenza della Dichiarazione nasce dalla citazione di Rm 8,22 dove si afferma che “tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi”. Non si può restare estranei al grido di dolore e di sofferenza che nasce dalla consapevolezza che l’ecologia mondiale rischia un irreversibile collasso. Interessante notare come la dichiarazione parli di “segni dei tempi”, riprendendo l’espressione della Gaudium et Spes (n.4).
Tra i temi posti in essere dalla dichiarazione emergono:
L’oblio di Dio nel cuore dell’uomo
La proliferazione delle guerre fratricide
Una politica mondiale economica basata sullo sfruttamento insensato da parte delle multinazionali delle risorse naturali
Cambiamenti climatici
Speculazione finanziaria
Aumento delle divergenze tra i ricchi e i poveri
Competitività sfrenata sul piano economico
Il progressivo aumento dell’ideologia neo-liberista: un sistema globale che difende e protegge gli interessi dei potenti.
A queste grandi sfide, la Confessione di Accra, tenta di trovare importanti e significative soluzioni:
La confessione della fede che sia esplicitazione di un incontro con altre confessioni religiosi e che diventi risposta alle problematiche sollevate
Una giustizia economica globale per garantire l’integrità della fede in Dio. Non si può aderire alla fede senza credere nella possibilità di una giustizia economica.
Dalla giustizia economica deriva il senso della collaborazione dell’uomo al progetto della creazione di Dio, riconoscendone la sua sovranità
Rifiuto del dominio del capitalismo e della globalizzazione neo-liberista che fa aumentare il divario tra ricchi e poveri
Riconoscere il piano di Dio che desidera la giustizia e la pace da estendere sul mondo intero
L’economia ha senso nella misura in cui è a servizio dei diritti dell’uomo: da qui derivano il rifiuto allo sfruttamento, la privatizzazione di quei beni che sono di tutti
Riconoscere l’inconsistenza di ogni forma di ingiustizia sociale causa di discriminazioni di genere, di razza, di disabilità
Si rifiuta una teologia che non tenga conto dei poveri e della tutela dell’ambiente
Impegno concreto per garantire l’unità nella chiesa.
Laudato sì: a partire da Dio per un’ecologia integrale
Tanti punti significativi che possono trovare ampia convergenza nella Luadato sì di Papa Francesco. Il Papa propone nel quarto capitolo dell’Enciclica un nuovo paradigma, quello dell’ecologia integrale, molto simile a quanto emerge nella Dichiarazione di Accra. Nel riaffermare la reciproca implicazione tra esseri umani e natura, egli ritiene indispensabile evitare soluzioni parziali (tecniche) a problemi che invece richiedono soluzioni sistemiche. Non esistono infatti “due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”: occorre perciò “un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura” (§ 139). Come? Coinvolgendo sinergicamente ecologia ambientale, economica, sociale e urbana, avendo particolare attenzione per la salvaguardia della diversità culturale, “tesoro dell’umanità” (§ 143); tutelando beni comuni come la terra, l’acqua, il clima, il paesaggio…, rispetto ai quali l’abuso da parte di alcuni ha generato un vero e proprio “debito ecologico”, che richiede l’applicazione sollecita del principio di sussidiarietà e “una opzione preferenziale per i più poveri” (§§ 157-158), sulla base di un elementare principio di giustizia che riguarda anche le generazioni future. Tutto parte da Dio e penso che questo punto sia il più importante per sottolineare la convergenza tematica ed ecumenica con la Dichiarazione di Accra. Nel secondo capitolo dell’Enciclica Papa Francesco propone un percorso di riflessione, svolto a partire dalla lettura della Bibbia, con il quale si sottolinea come il peccato sia generato dalla rottura di tre relazioni vitali – “quella con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra” (§ 66) – dovuta al rifiuto degli esseri umani di riconoscersi come creature limitate. In conseguenza di ciò, la risposta al mandato originario di coltivare e custodire la terra (Gen. 2,15) è divenuta dominio distruttivo e dispotico (§ 67), dimenticando che “la terra ci precede e ci è stata data” (§ 67) e che gli altri esseri viventi hanno un valore intrinseco (§§ 33 e 69) . Anche il riferimento a Caino e Abele suggerisce come il venir meno ai doveri di cura e custodia verso il prossimo distrugga la relazione interiore con se stessi,“con gli altri, con Dio e con la terra” (§ 70). Tutti i viventi sono “uniti da legami invisibili”,“una sorta di famiglia universale […] che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile” (§ 89), in uno spirito di reciproco servizio. Ma “questo non significa equiparare tutti gli esseri viventi e togliere all’essere umano quel valore peculiare che implica allo stesso tempo una tremenda responsabilità” (§ 90): l’utilizzo della natura deve perciò essere sempre ispirato a prudenza, rispetto e sobrietà. D’altro canto, non vi può essere “autentico sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani.[…] Pace, giustizia e salvaguardia del creato sono tre questioni del tutto connesse” e la terra “è un’eredità comune, i cui frutti devono andare a beneficio di tutti” (§§ 91- 93).
L’ecumenismo a partire dai due documenti sopracitati, sembra possa diventare una strada realizzabile. Su questo difficile, ma indispensabile cammino, dobbiamo rivolgere tutto il nostro impegno, a partire da quella unicità di tradizione, lingua e cultura, di cui siamo depositari e custodi. La meta da raggiungere è quell’unità desiderata da Gesù nella sua preghiera: “affinché siano una sola cosa” (Gv 17,21). Unità che si realizza armonizzando le diversità culturali che il Festival delle Riforme si propone di mostrare con saggezza e lungimiranza.
“Diversità linguistica e diversità culturale: risorse per un mondo sostenibile?”
Festival delle Riforme Culturali (V edizione) - Guardia Piemontese
05-06-2023