Pensiero omiletico Madonna di Costantinopoli
Carissimi,
la festa della Madonna di Costantinopoli, venerata nella Comunità di Papasidero, si inserisce nel contesto liturgico della solennità di Pentecoste, da qualche giorno celebrata. Il dono dello Spirito che abbiamo ricevuto è strettamente connesso con la presenza di Maria nel cenacolo in preghiera. La Vergine, piena di Grazia, aiuta noi cristiani a renderci disponibili all’azione dello Spirito, realizzando in pienezza la nostra specifica vocazione e aiutandoci a sorreggerci gli uni gli altri nella chiamata battesimale alla santità. Saluto con affetto il Parroco don Ezio, voi tutti parrocchiani, don Generoso che si impegna nel servizio della preghiera nell’eremo di Avena di Papasidero, il Signor Sindaco e l’Amministrazione comunale, i rappresentanti civili e militari qui presenti.
Il luogo su cui è fondato il Santuario della Madonna di Costantinopoli, tradizionalmente legato alla spiritualità dei monaci di Oriente, è un’antica altura rocciosa che si interseca con le sponde del fiume Lao; esso ci ricorda la visione del profeta Ezechiele, quella dell’acqua che scaturisce dal lato destro del tempio di Gerusalemme. Queste avevano il potere terapeutico della guarigione: infatti quanti venivano raggiunti dall’acqua miracolosa ricevevano la guarigione del corpo e dello spirito. Sappiamo bene come i Padri della Chiesa hanno voluto leggere nella profezia di Ezechiele il rimando all’acqua versata dal costato di Gesù, da quel lato destro del corpo trafitto dalla lancia. Da esso sgorgarono “sangue e acqua”, doni sacramentali che continuano a ristorare, guarire e donare la vita eterna. L’immagine della Madonna di Costantinopoli, legata al Concilio di Efeso durante il quale fu dichiarato il dogma della Madre di Dio, ci permette di cogliere una relazione ancora viva con la spiritualità dei monaci di oriente, la cui presenza in questi luoghi resta una testimonianza preziosa e un valore aggiunto per la fede della comunità.
Un luogo così bello per la sua conformazione naturale, non poteva essere estraneo alla presenza di Maria. Qui la natura offre la possibilità di leggere in essa l’irraggiungibile e inalterata perfezione della più nobile tra le creature, la Regina del Cielo e della terra, il cui splendore di grazia fa sorgere in noi sentimenti di gratitudine e offerte di preghiera che estendiamo a tutta la comunità parrocchiale, in particolar modo ai poveri e ai sofferenti, a coloro i quali ancora faticano ad accogliere la gioia del Vangelo, alle nostre famiglie, all’intera comunità diocesana nella quale possiamo constatare una presenza particolarmente diffusa della devozione alla Vergine Maria.
Non c’è Chiesa senza Maria, non c’è figliolanza senza il dono della maternità, non possiamo dirci cristiani se in noi manca la costante ricerca della sua discreta e preziosa intercessione. A Lei ci affidiamo, per implorare il dono della pace, il desiderio della comunione, la richiesta di una rinnovata Pentecoste che ci spinge a sentirci tutti coinvolti nella missione di annunciare il Vangelo nell’impegno che ci rende autentici e coraggiosi discepoli del Signore. La Parola di oggi ci invita a guardare con speranza il nostro pellegrinaggio terreno. Nella continua lotta tra il bene e il male, come ci viene riferito dall’Apocalisse di San Giovanni, tra le insidie tramate dal demonio e le soluzioni che lo Spirito Santo ci suggerisce, siamo già certi di una vittoria che Cristo stesso ha ottenuto a nostro favore. Questa sicurezza non diventi per noi un pretesto che ci spinge a rimanere chiusi nelle nostre sicurezze, molte volte inefficaci. Ci doni, piuttosto, la sana inquietudine di non sentirci mai soddisfatti del bene già fatto, desiderando fare di più e meglio nelle circostanze che il Signore ci offre per vivere la buona battaglia della vita, conservando la prontezza dell’agire e la passione per il servizio. Nella visione della donna vestita di sole vogliamo contemplare lo splendore del volto di Maria che continua a guardarci con occhi di Madre. Il suo affetto viene a noi donato nel vigilare sulle nostre intenzioni, nel suscitare la concordia e la sinergia del nostro operato, nel suggerirci come rimedio al male, la richiesta di una fede incrollabile nelle promesse che Dio ha già realizzato e continuerà e mostrarci nella sua infinita misericordia. Alla visione ormai passata di una chiesa immobile e reclusa nei dettami di una legge farisaica, è necessario contrapporre l’annuncio del volto di una chiesa evangelica e missionaria; una comunità di credenti che testimoniano la buona notizia della salvezza nella consapevolezza che la Parola incarnatasi nel grembo di Maria “quando venne la pienezza del tempo” (come abbiamo ascoltato nelle parole di Paolo) continua a mettere la tenda per stare tra gli uomini e stabilire legami di amore rinnovato e promesse di riconciliazione autentiche. Nella pagina del Vangelo possiamo contemplare tra le righe di una delle più commoventi pericopi evangeliche, il dramma della vicenda umana di Gesù Cristo: muore come come un reietto, condannato alla morte infamante di croce. In questo drammatico epilogo umano, l’ultima parola non spetta alla morte, ma alla vita. Si fanno spazio due momenti che possiamo ancora oggi contemplare nel mistero dell’Eucaristia di cui ci nutriamo:
1) Condivisione; 2) Offerta.
La condivisione della sofferenza di Gesù ci viene descritta dall’atteggiamento delle donne, le sole, che con coraggio trascorrono insieme a lui gli ultimi istanti della sua vita. Così anche noi impariamo a sostare in atteggiamento di rispetto e di umana condivisione ai piedi delle nostre croci e accanto a chi il Signore ci affida per imparare a condividere gioie e dolori, fatiche e speranze, nella certezza che il servizio reso all’uomo è la cifra che testimonia l’autenticità del nostro amore per Dio. Senza proferire parole, le donne del Vangelo stanno ai piedi della croce, e con loro la Vergine Maria. Su di lei cade lo sguardo pieno di amore del Figlio che la dona in offerta al discepolo Giovanni. Donandola a lui, la consegna alla Chiesa come il frutto più prezioso della bontà Divina. La sofferenza che accompagnano ogni storia, i dolori che alimentano le paure e le insicurezze dell’uomo, i travagli che la vita ci riserva e la tentazione di abbattersi dinanzi agli ostacoli, sono quelle feritoie da cui è possibile intravedere la luce del Signore. Accogliamo perciò il dono di Maria per essere da lei custoditi e protetti. A lei, qui venerata sotto il titolo di Madonna di Costantinopoli, offriamo le nostre preghiere, il bene che custodiamo nei cuori, le generose iniziative che intendiamo intraprendere, perché in tutta la chiesa si confermi la fiducia e l’amore incessante per la Mamma Celeste. Amen