Festa di San Camillo de Lellis – Cetraro

10-07-2024

Omelia San Camillo de Lellis 

Carissimi, 

la festa di San Camillo de Lellis, quale occasione di grazia per questa famiglia radunata nel nome di Cristo, ci spinge ad ammirare la bontà del Signore che chiama i suoi figli a diventare santi. Un caro saluto al Parroco don Luigi, al coro, ai ministranti, al Sindaco, alle autorità civili e militari. 

Il monito del Levitico, questa sera, si rinnova con particolare con particolare chiarezza: “Siate santi, perchè io, il Signore Dio vostro, sono Santo” (cfr. Lv 19,2). Sentiamo questo appello riproporsi alla quotidianità della nostra vita; il desidero della santità è una chiamata che dobbiamo riscoprire nell’ordinarietà dei nostri giorni. Tutta la nostra esistenza è un cammino di santificazione quotidiana. Essa si realizza quando impariamo ad assumere lo stesso metro di misura di Gesù, quando realizziamo la comunione con i fratelli e le sorelle con i quali condividiamo gioie, dolori, fatiche e speranze, quando ci impegniamo nel mondo del lavoro con sentimenti di cristiana dedizione, nella costruzione di fraterne e solidali relazioni familiari, amicali, ecclesiali. Tutta la vita diventa occasione propizia per riscoprire il dono della santità. Domandiamoci se esista un tempo specifico per essere meritevoli della grazia del Signore. La parabola dei vignaioli delle diverse ore, ci mostra alla fine che la remunerazione divina non risente delle logiche del merito e del calcolo specificatamente umano. Gesù ribalta la logica della giustizia umana nella celebre espressione che troviamo in diverse parabole: “gli ultimi saranno i primi, i primi gli ultimi”. Così possiamo leggere la vita di San Camillo de Lellis; un santo della “seconda ora”, non certo di prima classe. Ci riferiscono le notizie biografiche che a 20 anni Camillo, il quale aveva ricevuto questo nome dalla mamma che lo aveva partorito in età molto avanzata, era considerato dai più come “liberotto e bizzarro” che, nel linguaggio dell’epoca voleva dire “scriteriato, violento, imprevedibile”. Desideroso di glorie umane, più che di grazie divine, pensò di scalare i ranghi della nobiltà, arruolandosi nel servizio militare. Si distinse per la sua tenacia e la forza, ma dovette arrendersi alle sconfitte e alle ripercussioni di coscienza per una vita dedita ai desideri sfrenati della cupidigia e di ogni bassezza morale. Come luce folgorante, l’incontro con frate cappuccino nel 1575 generò una svolta radicale nella sua vita. Chiese di diventare cappuccino, ma venne dimesso dal convento, per una piaga che lo tormentò per tutta la sua vita. In tanti santi si è manifestata la grazia del Signore nel modo in cui si è presentata alla vita di San Camillo. Basti menzionare la conversione di San Paolo, la sconfitta militare di San Francesco, la ferita alla gamba a Pamplona di Sant’Ignazio di Loyola. C’è un momento opportuno, nella vita dei santi e nella nostra vita, in cui si fa spazio l’azione di Dio; inaspettata e travolgente, questa muta radicalmente il corso del’esistenza, innescando il desiderio della conversione. Talvolta le vie del Signore sembrano apparire incomprensibili alla nostra intelligenza. Resta sempre attuale il monito dell’Angelo alla Vergine Maria: “Nulla è impossibile a Dio!”.

 In questa logica possiamo comprendere il messaggio della Prima Lettura tratta dal Libro della Genesi. Giuseppe, venduto come schiavo, nella sua faticosa esperienza in casa del faraone, non si arrende di fronte all’attesa della manifestazione della Provvidenza di Dio. Egli gli fa sperimentare il pericolo della morte, la fatica dell’attesa, l’ansia di riconciliarsi con i fratelli, la possibilità di ritrovare il suo padre Giacobbe. Nell’incontro con i fratelli si compie il prodigio dell’amore che passa attraverso i gesti del perdono e della riconciliazione. Giuseppe ritrova la fiducia in Dio quando riesce a riconoscere la sua presenza nel perdono offerto ai suoi fratelli. Anche in San Camillo ritroviamo questa fase di profonda riconciliazione con Dio. Questo avvenne quandoegli imparò a mettere a tacere i suoi desideri malsani, rientrando nella sua coscienza, e ponendosi a servizio dei fratelli infermi nell’ospedale di San Giacomo a Roma, dove giacevano i malati “incurabili”. Vi erano malati tra i più ripugnanti, considerati rifiuti per la società, gettati e abbandonati sull’uscio dell’ospedale. Qui Camillo portò a termine il suo percorso di definitiva conversione: con spirito di abnegazione e profonda dedizione, accudiva i malati, offrendo loro assistenza fisica e supporto spirituale. Senza sosta, esortava gli inservienti dell’ospedale e spiegava loro che: “I poveri infermi sono pupilla e cuore di Dio e quello che si fa a loro lo si offre direttamente a Dio”. Con altrettanta audacia si dedicò al servizio degli infermi nell’ospedale Santo Spirito in Sassia. Sotto la guida spirituale di San  Filippo Neri, riprese gli studi e, il 26 maggio 1583, fu ordinato sacerdote. Insieme ai suoi compagni di servizio fondò l’ Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi

Il Vangelo di Matteo offre alla nostra riflessione una delle pagine in cui possiamo cogliere gli insegnamenti che il Maestro offre a suoi discepoli. In poche battute, Gesù, sintetizza il compito di ogni credente. Il ruolo della missione è centrale nella vita della chiesa. Siamo costituti da Dio missionari del suo amore. Per questo motivo il mandato missionario di Gesù si realizza nel suo imperativo ad annunciare e a predicare che il regno dei cieli è vicino. C’è un legame meraviglioso che possiamo rintracciare tra le parole di Gesù e la vita di San Camillo. Tra i compiti del missionario, Gesù non dimentica di ribadire l’attenzione verso gli infermi: “Guarite gli infermi!”. Questo imperativo si è fatto appello e vocazione per la vita di San Camillo, il quale ha donato tutto se stesso per sostenere i poveri malati. 

Nella stessa misura siamo chiamati ad incarnare nella nostra vita atteggiamenti di vicinanza e di prossimità, che si traducono in gesti di amore, di affetto, di compassione, di tenerezza, da riversare senza riserve, a prezzo del nostro sacrificio. Con gli stessi occhi di Gesù, guardiamo agli infermi che ci vengono affidati; costatiamo con urgenza l’importanza di dover donare parte del nostro tempo all’ascolto e alla premurosa attenzione da riservare ai bisognosi nel corpo e nello spirito, senza pensare ad un tornaconto personale, frutto di pensieri egoistici e di logiche utilitaristiche. Ci insegna S. Agostino che “la misura dell’amore è amare senza misura”, andando oltre noi stessi e contro noi stessi perché chi dona è disposto a perdere tutto, persino la sua vita. Un’altra caratteristica che la vita di San Camillo ci insegna è quella del servizio gratuito. Non osava mai lucrare sull’assitenza agli ammalati, sentendosi già sazio, dell’amore che loro sapevano trasmettergli. 

In questo senso si coglie il messaggio del Vangelo. Le parole di Gesù ci trasmettono un senso di radicale libertà che si acquisisce nella misura in cui si entra nella logica dell’amore oblativo. Il discepolo è liberato dalla tentazione della cupidigia: “non procuratevi oro nè argento, nè denaro nelle vostre cinture, nè sandali, nè bastone”. In questo modo abbracci e vive nella piena disponibilità ad una donazione che richiede di perdere tutto per guadagnare il Tutto che basta: Dio soltanto! 

Nel suo testamento spirituale, così scrive San Camillo: “Lascio il mio corpo di terra alla terra medesima di dove è stato prodotto…lascio al demonio tutti i peccati e tutte le offese che che ho commesso contro Dio. Lascio a Gesù Crocifisso tutto me stesso in anima e corpo e confido, che, per sua immensa bontà e misericordia, mi riceva e mi perdoni come perdonò alla Maddalena”. 

Il ricordo di San Camillo è legato alla reliquia del cuore. Si narra che al momento della sua morte, gli fu asportato, constatando con estremo stupore che fosse particolarmente più grande di un cuore normale. Un cuore dilatato dall’amore di Dio che si è fatto offerta per i poveri malati. Guardando al suo cuore non possiamo fare a meno che rivolgerci al cuore Divino di Gesù, perchè ci doni la capacità di aprirci alla sua grazia, di accogliere il suo amore e di donarlo con generosità ai nostri fratelli e sorelle. Amen.