Omelia San Francesco d’Assisi per la Messa nel monastero di Scigliano
Carissime sorelle,
oggi celebriamo la festa di uno dei Santi più noti in Italia e nel mondo intero. San Francesco d’Assisi, patrono della nostra amata Italia, ci ricorda di portare nel cuore sentimenti di preghiera e di intercessione per la Nazione intera, per i politici, per chi vive le responsabilità di governo nazionale, regionale, provinciale e comunale, per chi si prodiga nel mondo della politica, favorendo scelte e decisioni incentrate sulla bontà, il disinteresse, la promozione della giustizia, la legalità, la solidarietà, il sostegno dei poveri e dei bisognosi. La nostra preghiera al Santo di Assisi, si rivolge alla Chiesa intera, perché risplenda sempre più di sublime povertà, semplicità e purezza evangelica. La figura di San Francesco ci rimanda a quella di Cristo. Non a caso è un Santo che ha meritato il titolo di “alter Christus”: Francesco era davvero l’immagine perfetta di Cristo, unico sposo della sua vita, assimilatosi perfettamente a Lui fino a portarne nella carne i segni della passione, ricevuti mentre era assorto in preghiera sul monte della Verna, luogo in cui oggi si conserva uno dei santuari più belli legati alla spiritualità francescana.Con San Francesco appare uno stile di vita diverso e stravolgente nella Chiesa. È la visione francescana della vita, ispirata dal Vangelo, vissuta nella Chiesa, in un profondo rispetto dell’uomo e del creato. Tale visione costituisce la base della spiritualità francescana. Il Vangelo, e la fede che deriva dal Vangelo, è il filo rosso che segna il percorso della vita quotidiana di Francesco, che insegnò e mise in pratica le verità della fede in ogni circostanza della sua vita. Con gli occhi della fede, egli riusciva spontaneamente ad osservare il mondo in modo nuovo, e ciò lo permeava continuamente di una grande gioia. Non è dunque strano che egli abbia raggiunto la pienezza della sua vita soltanto quando fu pervaso dalla presenza di Dio. Per poter raggiungere completamente Cristo, Francesco si “svuota” del suo io e sposa Madonna Povertà. Così riuscì a scoprire il segreto per unirsi direttamente al mistero di Cristo, mistero tanto amato, che ovunque egli fosse lo contemplava molto concretamente: nel Presepe, nel Calvario, nella sua Parola, nella croce, nel pane consacrato, nel prossimo. L’incontro con Dio suscitò in lui la certezza di essere suo figlio, e da allora la sua vita fu una celebrazione continua di questo dono, una celebrazione che lo portava a vivere in stato di perenne gioia, pace, serenità e fiducia.
Cosa può dire alla nostra vita l’esempio di Francesco? La prima risposta è l’amore per il Cristo crocifisso. Ce lo ricorda San Paolo nella seconda lettura tratta dalla lettera ai Galati. L’esperienza di Paolo, come quella di San Francesco, e di tutti i Santi, è esperienza di assimilazione al Cristo crocifisso. La morte in croce di Gesù è il cuore del Vangelo di ogni cristiano, “unico vanto di cui gloriarsi” che relativizza tutto ciò che è effimero e passeggero. La conversione di Francesco nasce dallo sguardo tenero del crocifisso che gli chiede di “riparare la sua casa”. Si lega all’esperienza di vita del Poverello d’Assisi il messaggio della prima lettura tratto dal libro del Siracide, dove si tessono le lodi del sapiente che si è dedicato nella sua vita alla relazione con Dio, diventando testimonianza e monito per il suo popolo, come lo è stato Francesco per i suoi fratelli e per le sorelle che hanno accolto la regola incentrata sulla povertà evangelica. Chi vive la testimonianza dell’amore per Dio, è simile – ci ricorda il Siracide – al riparatore del tempio del Signore, ad un astro che rifulge tra le nubi, alla luna nella sua pienezza, al sole sfolgorante che illumina e riscalda.
Lo sguardo del Crocifisso, posatosi sul volto di Francesco, continua a coinvolgere tutti coloro i quali si lasciano amare per arginare ogni malsano sentimento di rivalsa, di odio e di rancore che potrebbe sorgere quando non si sente più la voce del Cristo che continua a chiedere perdono per noi che “non sappiamo cosa facciamo” quando commettiamo il male. Gesù crocifisso ci invita ad accogliere tutti, a perdonare, a predicare, come faceva Francesco, che Dio è amore e misericordia. Si racconta che un giorno un contadino chiese a Francesco: “Cos’è successo, fratello, perché piangi?” Il fratello – San Francesco – rispose: “Fratello mio, il mio Signore è sulla Croce e mi chiedi perché piango? In questo momento vorrei essere il più grande oceano della terra per avere tutte quelle lacrime. Vorrei che si aprissero allo stesso tempo tutte le porte del mondo e le cataratte e che si scatenassero i diluvi per farmi prestare più lacrime.
Ma anche se mettessimo insieme tutti i fiumi e i mari non ci sarebbero lacrime sufficienti per piangere il dolore e l’amore del mio Signore crocifisso. Vorrei avere le ali invincibili di un’aquila per attraversare le catene montuose e gridare sulle città: ‘L’Amore non è amato!’ Com’è possibile che gli uomini possano amarsi se non amano l’Amore?”.
La crisi delle coppie, la crisi delle vocazioni, i fallimenti nelle relazioni, sono il prodotto di una mentalità che non pensa sia più possibile la fedeltà dell’amore fino alla fine, come ce lo ha insegnato Gesù; tale da poter diventare dono per l’altro, occasione di salvezza per chi l’accoglie, e felicità per chi lo dona. Francesco piange perchè il Cristo crocifisso non è amato; nelle sue lacrime possiamo intravedere la sofferenza di chi si sente escluso, di chi sperimenta l’emarginazione, dei morenti, degli anziani abbandonati, delle madri che fanno esperienza dell’incomprensione dei propri figli. Lo possiamo dire con certezza: ancora oggi si piange perchè l’Amore non è amato! E se non si ama l’Amore, non si amano neppure i crocifissi dei nostri giorni.
Nel Vangelo che abbiamo ascoltato Gesù apre il suo cuore alla lode e benedice il Padre, Signore del cielo e della terra. Come non sentire l’eco del Cantico di frate Sole e sorella Luna! Francesco spalanca il suo cuore alla lode e ringrazia il Signore per la meravigliosa opera della Creazione, nella quale poter sperimentare che tutto è segno della bontà divina. I piccoli e i poveri, destinatari dei segreti del Padre, ci ricordano la piccolezza e la povertà abbracciata senza riserve dal Poverello d’Assisi. Egli era un uomo libero, distaccato da tutto ciò che potesse ostacolare la sua ininterrotta relazione con Dio, fonte della sua libertà. La sua vita è una vittoria dell essere sull’avere, che gli permise di andare e stare ovunque rimanendo sempre se stesso. Egli fu lo sposo della Povertà, un uomo dedito al lavoro che non accetta la pigrizia, che antepone il lavoro assiduo all’ozio. Tante altre cose possono essere riassunte affermando che Francesco era l’uomo di Dio, un uomo credibile per la sua limpida fede, diventato predicatore appassionato del Vangelo, un uomo che piange e vive la passione restandone visibilmente segnato, un uomo povero accanto al Cristo povero.
L’esperienza di Francesco e della sua prima fraternità è quella su cui possiamo anche noi riflettere e cogliere motivi che ci spingano a rivivere e reinventare nei nostri tempi ciò che Francesco ha sempre contemplato: il mistero di Cristo. Vi consegno le due immagini che il Poverello d’Assisi ha sempre contemplato nella sua vita terrena: il presepio e il crocifisso. Stupitevi dinanzi al Dio che si fa carne per diventare umili e poveri come Lui ci ha insegnato, innamoratevi del Crocifisso per dare voce ai crocifissi dei nostri giorni, avendo a cuore il desiderio di diventare “alter Christus” come Francesco ha insegnato e continua a testimoniare. Amen