Omelia Festa di San Giuseppe (Santa Maria del Cedro)
Carissimi,
la festa di San Giuseppe, Patrono di questa comunità parrocchiale, coinvolge l’intero territorio di Santa Maria del Cedro, in un clima di solenne e gioiosa esultanza cristiana, uniti attorno alla figura così bella di San Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria. Attingiamo dalle mense della Parola e dell’Eucaristia, quei doni celesti che ci consentono di incrementare la nostra fedeltà alla vita cristiana, accrescendo il nostro amore che rinsalda i vincoli della comunione ecclesiale, della famiglia e della società. Colgo l’occasione per salutare il vostro Parroco, don Gaetano, i collaboratori, coloro i quali si sono prodigati per i preparativi della festa, tutta la comunità civile, ad iniziare dal Signor Sindaco e tutte le autorità civili e militari che sono qui presenti. Un particolare saluto, carico di affetto e vicinanza spirituale, ai malati, agli anziani e ai bisognosi di questa comunità, la cui presenza spirituale arricchisce questo momento di grazia che il Signore ci dona.
L’antifona che introduce la celebrazione eucaristica attribuisce a San Giuseppe la prerogativa della custodia dei frutti più preziosi della Redenzione: Maria e Giuseppe. “Servo fedele e saggio! Il Signore gli ha affidato la sua Famiglia!”. Basterebbe meditare con attenzione questa antifona per comprendere la grandezza della santità che ha incarnato il Padre putativo di Gesù.
La prima parola è “servo”: Giuseppe è l’uomo che non si arroga mai il diritto di sentirsi padrone di sè, della sua sposa e di suo figlio Gesù. Questo perché sa di essere un servo. Come tutti i servi più umili della storia, egli comprende fin da subito che la sua chiamata richiedeva una totale disponibilità alla volontà divina. Consacratosi al servizio, acquista una libertà interiore che gli imprime forza e coraggio nelle scelte difficili a cui il Signore chiede di sacrificare la sua vita.
Sì, perché la vita di chi accoglie la chiamata del Signore, è fatta di sacrificio. La santità non si acquista a buon mercato, costa fatica, costo il dono di sè. La parola “sacrificio”, troppo abusata e mal compresa, in realtà racchiude un grande messaggio: significa “rendere sacro”.
Rendere sacra tutta l’esistenza e quindi donare sacralità a tutto ciò che entra a far parte della nostra quotidianità.
In questa via difficile del sacrificio e della donazione di sè, riscopriamo la cifra della santità di San Giuseppe. Essa è modellata sull’esempio del Signore Gesù, il quale, come ricorda San Paolo nella Lettera Ai Filippesi, “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo”. Sull’impegno alla disponibilità al servizio e sulla qualità dei nostri sacrifici, impariamo a donare la nostra testimonianza di vita, sapendo che nulla di tutto ciò che offriamo al Signore va perduto o sprecato.
San Giuseppe è l’uomo dei sogni che si realizzano. Lo abbiamo ascoltato nella pagina del Vangelo di Matteo. Giuseppe, nel cuore della notte, riceve in sogno le consolanti parole dell’angelo che gli confermano la straordinarietà della nascita del Figlio Gesù, generato per opera dello Spirito Santo: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Il bambino che è generato da lei viene dallo Spirito Santo”. Il sogno di Dio si realizza nella vita di Giuseppe e la vita di Giuseppe è utile perché avvenga il prodigio della nascita di Gesù.
Tutto ciò che è posto a servizio di Dio diventa utile; così la nostra vita, fatta di sogni, di speranze da realizzare e di mete da raggiungere, può diventare il luogo in cui si fa spazio l’agire di Dio. La notte oscura di Giuseppe, quella in cui la tentazione del ripudio della sua sposa sembrava diventare la soluzione allo secandolo che avrebbe provocato una nascita di un amore non corrisposto, si tramuta in notte in cui Dio realizza il suo sogno: quello di donare un Salvatore per l’umanità. È un messaggio che infonde speranza ai nostri cuori e genera tanta fiducia nella Provvidenza divina. Nessuna notte potrà farci paura se ad illuminarla vi sarà la presenza di Dio che nelle trame dei nostri sogni infranti, riesce a realizzare ciò che umanamente risulta impossibile e inimmaginabile. Come ci suggerisce San Paolo nella seconda lettura, dove presenta l’esempio di Abramo, il quale “credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli”.
Certamente, dopo il sonno occorre che ci destiamo per diventare partecipi della realizzazione del sogno che Dio ha pensato per noi. Il Vangelo lo dice con estrema chiarezza: “Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore”. La nostra parte è necessario compierla, il nostro collaborare con Dio è di primaria importanza. Non basta attendere la grazia come dono del cielo se non siamo disposti a diventarne partecipi, ad accoglierla, a viverla e a realizzare il sogno di Dio che passa attraverso la nostra disponibilità.
Giuseppe è anche l’uomo della responsabilità: a lui è chiesto di custodire i doni della Redenzione. Dopo l’episodio della visita dei magi, altre due scene completano il Vangelo d’infanzia, la fuga in Egitto e il ritorno al paese di Israele. In esse si evidenzia la missione di Giuseppe che esercita la sua responsabilità̀ con puntualità̀ e determinazione. L’esercizio della paternità̀ è sempre definito in relazione al bambino e alla madre e in ottemperanza al comando divino di agire. Egli rimane fedele alla sua chiamata, testimoniando con la sua premurosa presenza l’autentico servizio che un padre deve svolgere nei riguardi della sua famiglia. Nell’esercizio della protezione del bambino e della madre, Giuseppe esprime una paternità̀ singolare, che deriva dalla chiamata di Dio. Egli si alza nella notte, segno della prontezza con cui lo sposo di Maria agisce per l’incombente minaccia di Erode. Giuseppe è colui che legge i segni della storia, talora non sempre chiari, comprende quando ci sono i pericoli, gli eventi difficili, le opportunità da cogliere, gli ostacoli da superare. La responsabilità che ci insegna Giuseppe è di esempio per la nostra specifica vocazione. Ai genitori egli offre la testimonianza per una dedizione piena ai doveri familiari, ai figli trasmette l’esemplarità del servizio e la docilità agli impegni da assumere, a ciascuno di noi ci trasmette un autentico messaggio di obbedienza al valore della vita. Ecco perché San Giuseppe è un modello da imitare.
Un aspetto importante riguarda la vita ordinaria trascorsa a Nazareth che è contrassegnata dalla testimonianza lavorativa dei genitori di Gesù̀. Essi offrono al bambino un ambiente fedele alle tradizioni del popolo di Israele. La figura di Giuseppe è utile al bambino Gesù perché da lui riceve la premurosa e indispensabile cura paterna. Maria e Giuseppe nel loro impegno educativo esprimono una sintonia che è frutto del servizio e della premura. In questo senso sembra quanto mai necessario recuperare il valore della famiglia, cellula della società, rimettendola al centro delle nostre attenzioni, difendendola da pensieri ideologici che ne minacciano la sua integrità. È nelle nostre famiglie che ciascuno di noi ha ricevuto la vita, la cura affettiva, il sostegno utile per la crescita e l’inserimento nella vita sociale. I valori cristiani siano di sostegno per le nostre famiglie e nelle comunità ecclesiali si crei lo spazio per una pastorale familiare attiva e propositiva, necessaria a rinsaldare qui vincoli di amore che si riflettono nell’amore trinitario.
San Giuseppe esprime la funzione di insegnarci l’arte della vita. Egli non è solo custode, non è solo colui il quale tramanda a Gesù l’arte del falegname, ma è colui che insegna l’arte del vivere. Nel rapporto con il padre putativo, Gesù ha ricevuto la forma umana della rivelazione del Padre che è nei cieli.
Infine, vorrei trasmettervi un messaggio di speranza. Le parole che l’angelo consegna a Giuseppe sono precedute da una promessa ricca di speranza: “Non temere”. Anche in Maria si realizza questa promessa di speranza: “Non temere!”; così su ciascuno di noi il Signore continua a donare la sua promessa di non lasciarci soli, di non abbandonarci in balia dei pericoli e delle tribolazioni. “Non temere” è il messaggio che la Bibbia riporta 365 volte, “non temere” lo avvertiamo ogni giorno nel silenzio del nostro cuore perché possiamo contare sulle promesse che Dio realizza a nostro favore e sulle quali bisogna fondare le nostre scelte quotidiane.
Recuperiamo lo stile del silenzio e dell’obbedienza che hanno contrassegnato l’intera esistenza di San Giuseppe e viviamo nella consapevolezza di essere circondati dall’amore tenero di un Padre che ci consola, ci sorregge e ci aiuta a vivere la nostra vocazione imitando, chi – come San Giuseppe – ha saputo rispondere prontamente alla chiamata di Dio.
O Beato Giuseppe benedici questa comunità, la nostra Diocesi, le nostre famiglie. La tua potente intercessione ci sostenga e ci guidi verso la meta della santità. Amen.