Festa di Sant’Antonio da Padova 2023

11-06-2023

Pensiero omiletico Sant’Antonio da Padova

 

Carissimi,

l’annuale festa di Sant’Antonio da Padova, ci vede riuniti in questo meraviglioso convento della Riforma legato alla spiritualità francescana, nella quale, oltre alla statua, possiamo contemplare un prezioso un affresco a lui dedicato, risalente al secolo XI. Saluto con affetto tutta la comunità di San Marco, don Vicenzo e don Angelo, il Sindaco e le autorità civili e militari qui presenti. In questi giorni di preghiera, caratterizzati, dalla tredicina al Santo di Padova, avete sperimentato il senso della comunione della fraternità, come luogo divino in cui riscoprire il senso della nostra missione e la gioia di sentirci coinvolti nella comunione della famiglia di Dio. 

La fede francescana è un prezioso dono per la città di San Marco e di riflesso, per tutta la nostra Diocesi. Per intercessione di Sant’Antonio, vogliamo implorare su di essa grazie e benedizioni celesti. In questo clima di gioia e di convivialità celebriamo il dono dell’Eucaristia, mettendo in solenne rilievo la figura di un Santo rinomato nella tradizione della Chiesa. La devozione a Sant’Antonio si estende da Padova al Sud Italia e nel mondo intero con ininterrotta e intrepida vitalità, a significare come la sua vita sia stata una ricchezza che ancora oggi rifulge per la testimonianza di fede sincera, speranza viva, carità perfetta. In Sant’Antonio sono riflesse tutte le virtù cristiane che possiamo incontrare in chi, come lui, ha vissuto il Vangelo con coraggio e fedeltà. La santificazione della nostra vita è l’impegno primario che ci assumiamo alla luce dei Santi che rappresentano per noi i modelli da seguire e da imitare. La santificazione non è il frutto delle nostre buone opere e dei nostri propositi, ma è la collaborazione piena che si instaura tra il credente e lo Spirito di Dio. La conversione dei cuori spinge a seguire Gesù̀ con tutto se stessi. La catechesi di ogni comunità di credenti propone la vita buona del Vangelo come esperienza concreta nelle diverse e contrastanti situazioni esistenziali. L’esperienza dei santi, come quella di Sant’Antonio diventa importante perché́ il credente possa incamminarsi insieme a tutta la comunità̀ incontro al Padre. I santi e i martiri sono uomini, donne, bambini, giovani, anziani che hanno vissuto il loro incontro con Gesù̀ rinnovando la propria esistenza. Le loro vite e i loro scritti sono indicatori necessari per chi vuole essere discepolo missionario; sono la forza per affermare i valori di Cristo in un mondo segnato dalla mancanza di speranza e dalla paura del diverso e degli altri. La santità̀ non è solo la comunione dei santi, ma è l’esperienza di vivere insieme come fratelli amati da Dio. Essa è una fonte necessaria perché́ la catechesi non sia solo trasmissione di dati, ma un vivo incontro con Gesù̀. Di questo incontro, Antonio da Padova, è stato vero testimone. Dopo aver sposato “sorella povertà” e aver indossato i suoi abiti, si è dedicato in tutto e per tutto a diventare annunciatore credibile del Vangelo. Il messaggio che lui ha annunciato e di cui noi siamo messaggeri, non sta nella potenza, se pur importante dei mezzi di comunicazione, ma nella testimonianza verace dell’annunciatore. Il vero messaggio è la vita nuova che i discepoli esprimono con i loro comportamenti. È quella unione a Cristo che manifestano nel concreto del loro modo di vivere. Il discepolo missionario è il messaggio che Gesù̀ invia a tutti. Il messaggio è la persona stessa che ha incontrato Cristo, lo ha accolto e lo testimonia con la sua vita. Il Vangelo si proclama nell’esperienza di vita, nelle relazioni sociali, nella fraternità e comunione ecclesiale. Il fondamento della vita interiore dei discepoli è l’incontro con Cristo che fa sperimentare la bellezza di vivere fino in fondo la propria vita, qualunque essa sia. Ce lo ricorda Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium quando dice che “la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù̀. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberi dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù̀ Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (EG 1). La santità̀ è unica per tutti i battezzati: non ci sono santità̀ di prima o di seconda classe, non c’è una santità̀ eroica e una santità̀ di basso profilo, non c’è una santità̀ di élite e un’altra di popolo. Ciononostante, la santità̀ non è identica per tutti i cristiani. Le vie sono molteplici e adatte alla vocazione di ciascun cristiano, anche a quella dei fedeli laici. Quello che conta è che ciascuno discerna la propria strada e faccia emergere la parte migliore di sé che Dio ha posto in lui. Uno dei tratti significativi di Sant’Antonio è il suo impegno a vivere il Vangelo “sine glossa”, cioè “senza aggiunte, alla lettera”. Per questo aspetto possiamo tradurre la sua disponibilità al Vangelo nel messaggio della Prima Lettura che abbiamo ascoltato. San Paolo si rivolge alla comunità di Corinto presentandogli il modello della fedeltà di Dio e di Cristo Gesù, la cui testimonianza è stata e sarà sempre quella di una perenne conferma della promessa di amore che dalla Creazione fino alla fine dei tempi, vede confermare il loro operato nella storia di ogni uomo. Se l’esperienza umana è quella segnata dalla fragilità del peccato che si riflette nelle relazioni quotidiane attraverso i segni delle cadute e delle infedeltà di amori fugaci e passeggeri, quella di Dio e di Gesù Cristo, è la storia di un “SI” perentorio e definitivo, che non ammette rinnegamenti, ripensamenti e cambiamenti di valutazione. L’amen che compendia ogni nostra preghiera ci fa cogliere la speranza che Dio rivolge all’umanità intera: la sua promessa di fedeltà è eterna perché diventiamo partecipi dell’unzione dello Spirito conferitaci da Cristo nel giorno del Battesimo 

Uomo spirituale, Sant’Antonio, come lampada che splende e come sale che da sapore, ha illuminato e insaporito le genti con la predicazione. In tutta Italia si era diffusa l’eco dei successi del frate. Era il martello degli eretici: convinto nelle sue asserzioni di difendere la verità di Cristo. Un’espressione forte, che però non si deve interpretare in senso aggressivo, perché Antonio era molto diverso da quei predicatori che con le loro invettive invocavano lo sterminio di chi professa un’altra fede. La sua arma era la parola e con essa cercava di convincere, non di vincere. Antonio non solo aveva dimostrato di conoscere profondamente le Sacre scritture e di possedere la capacità necessaria per trasmettere i concetti teologici più̀ astrusi in modo chiaro e comprensibile, ma in ognuna delle sue prediche dimostrava un fervore mistico, che convinceva i suoi uditori di avere davanti una persona toccata dalla grazia divina. Sebbene fosse certo che le sue missioni erano sempre coronate dal successo, le attribuiva alla misericordia divina e mai alle sue qualità̀. 

La missione di ciascuno di noi è quella indicataci da Gesù nella pagina del Vangelo di Matteo. Le due immagini proposte sono quelle del sale e della luce. “Voi siete il sale della terra e la luce del mondo”. Il servizio del sale è quello di insaporire gli alimenti. Non è mai fine a sé stesso, ma utile per gli altri cibi. Il sale in sé non ha alcuna qualità, ma nella misura in cui si dona, acquista valore. Lo stesso vale per la luce. Il suo unico valore è racchiuso nel portare luce e illuminare le realtà su cui si riflette. In queste due immagini, così semplici, ma ricche di significato, è racchiuso il senso della nostra vita. Siamo chiamati, nella diversità dei doni e dei ministeri, a diventare utili per gli altri. Come il sale a dar sapore a chi ha perso il gusto della vita, come la luce ad illuminare chi si trova nelle tenebre. Essere sale e luce è un impegno che compete ad ogni cristiano. Entrambe le immagini ci propongo un unico e grande impegno da assumere: dare la vita. Lo comprendiamo nella funzione del sale: nei cibi si perde e si consuma totalmente. Solo così assolve al suo compito. Lo stesso vale per la luce: riflettendosi sulle realtà, si dissolve per illuminare gli oggetti. Sale e luce ci dicono qual è il fine della nostra vita: donarsi completamente, fino a scomparire. Ce lo ha insegnato Gesù quando ci ha indicato che il suo amore è “fino alla fine”, ovvero fino alla piena consumazione. Guardando al Santo di Padova, contempliamo nell’effige che lo ritrae, tre grandi realtà che consegno alla mia vita e ciascuno di voi: il Bambino Gesù, il giglio della purezza e il Vangelo. 

  1. Il Bambino Gesù nelle sue mani. Guardando a Lui, possiamo contemplare la tenerezza di Dio. Egli, per primo, ha scelto la via della povertà per diventare come noi, inserendoci in un mistero di amore infinito che coinvolge la nostra esistenza nel misterioso progetto della condiscendenza divina. Il Bambino Gesù ci insegni la via della tenerezza per imparare a condividere il suo amore con i fratelli e le sorelle che incontriamo sul nostro cammino;
  2. Il giglio della purezza ci confermi nella fedeltà alla grazia che Dio elargisce gratuitamente nei suoi sacramenti e che vogliamo accogliere e celebrare con semplicità e purezza di spirito;
  3. Il Vangelo della carità sia la nostra regola di vita, indichi il nostro impegno alla missione e ci confermi nel cammino di discepolato che vogliamo vivere imitando le virtù dei Santi. 

A Sant’Antonio di Padova, affidiamo la nostra vita, i bisogni dell’umanità intera, le sfide del nostro tempo, il cammino della nostra Diocesi, i poveri e bisognosi, le nostre comunità, i propositi di bene affinché interceda presso Dio e ci riempia della sua grazia per essere, come Lui, forti nella fede, fiduciosi nella speranza, ardenti nella carità. Amen