Pensiero per la Fiaccolata di solidarietà in memoria di Francesco Prisco
Carissimi, cara mamma Erminia, sacerdoti, sindaci, Presidente della Proloco di Tortora, autorità civili e militari, ci troviamo questa sera uniti nel vincolo della preghiera, sorretti dalla fede che non ci fa cadere nella disperazione e non ci fa arrendere dinanzi alle cose più orribili che la libertà umana porta a compiere. Di queste, siamo alcune volte spettatori, spesso ne subiamo le conseguenze, e nella peggiore delle ipotesi ne diventiamo protagonisti attivi. Eppure la nostra presenza, fatta di lacrime, di silenzi eloquenti, di sorrisi appena accennati, di cenni di intesa e di solidarietà, sono la risposta più bella al grido di dolore e di sofferenza, intriso di comprensibile ribellione, che si eleva al cielo quando si è vittima della violenza, quando si fanno i conti con la criminalità che baratta la giustizia con l’inganno del guadagno facile, quando una madre non trova consolazione per la dipartita di un figlio vittima di un sistema che vende la morte a buon mercato. Oggi ricordiamo Francesco non come un defunto di cui fare memoria, ma come un testimone che può dirci e insegnarci qualcosa. La sua vita terrena è cessata quando la mano dei violenti ne ha decretato la fine. Ma se siamo oggi qui è perché in realtà non è del tutto finito. Non possiamo decretare la fine di Francesco. Possiamo trarre ancora degli insegnamenti dalla sua vita, possiamo fare tesoro persino dalla sua morte. Certamente per la mamma sarà difficile trovare un perché a tutto ciò, non si possono trovare ragioni fondate per una madre nel vedere il figlio morto. È disumano! Come è disumano la barbarie che si perpetua attraverso ogni forma di violenza, sia essa di natura psicologica, morale, valoriale e fisica. La crudeltà non potrà mai trovare uno spazio di ragionevolezza. Francesco è stato vittima di tale sistema. Un ragazzo pieno di vita e di sogni cade nel tunnel della droga e nonostante le lotte combattute insieme alla madre per uscirne definitivamente, si ritrova a subire una rivendicazione con arma da fuoco che in pochi giorni lo conduce alla morte. Vorrei soffermarmi su un’immagine che ritengo sia paradigmatica per la sua consegna carica di speranza. Mi riferisco alla Vergine Maria che sta ferma ai piedi della croce. Nel suo dolore di Madre, contemplando il figlio morente, genera nuovamente vita accogliendo il dono di una maternità più grande, quella ecclesiale. Questo slancio di fede aiuti ogni madre che ha visto il proprio figlio morire, a trovare in Maria il conforto del dolore e l’esempio da seguire perché l’ultima parola non sia quella di una umana resa, ma quella di una divina promessa: la vittoria della vita. Siamo stati generati per una vita piena, per essere partecipi di quella gioia eterna che il Signore elargisce a piene mani nella sua multiforme provvidenza. In processione i nostri passi sono stati illuminati dalla luce di una fiaccola che simbolicamente richiama il senso della speranza. Resti accesa nei nostri cuori la speranza che la vita è il dono più prezioso da custodire. Per questo la difendiamo da ogni tipo di violenza e di sopruso attraverso una capillare educazione alla legalità che deve coinvolgere piccoli e grandi. Essa è un precetto esistente in ogni cultura, ma che pure in ogni parte del mondo è soggetto a violazioni senza fine, in varie forme, tanto da rendere piu che mai urgente il rivolgere ad essa l’azione educativa anche oggi. Insieme alla legalità occorre coniugare il concetto della moralità. Legalità e modalità non sono due realtà separate, a maggior ragione per i cristiani, i quali sanno che «non c’è autorità se non da Dio» (Rm 13,1), e quindi ogni giusto comando e ogni vera legge devono vederci pronti all’obbedienza per realizzare il bene comune. La legge civile è per il cristiano uno strumento a servizio della persona in vista della costruzione di una società giusta che miri al bene comune e alla tutela della vita. L’educazione alla regalità in qualche modo riguarda tutti. Ma evidentemente essa non può limitarsi soltanto al rispetto della norma di legge, di cui ne rappresenta solamente un primo passo. Occorre passare a un secondo livello di educazione, teso a creare un consenso sociale intorno ad alcuni valori che occorre far crescere nella coscienza dei singoli in quanto persone e cittadini. Con quest’opera educativa occorre arrivare ai valori profondi, fondati sulla stessa concezione della natura umana, così come Dio l’ha pensata e creata. Tutto ciò prevede che sia tutelati il rispetto della verità sull’uomo. Il pieno risultato dell’educazione alla legalità si verifica quando le norme non vengono soltanto osservate, ma vengono interiorizzate, e la loro osservanza si trasforma in abitudine, ovvero in virtù. I cristiani sono tenuti ad annunciare in qualche modo, anche con il loro stile di vita, un mondo diverso, che obbedisca a logiche diverse da quelle che tutti seguono, nuotando un po’ contro corrente, senza lasciarsi trasportare dalla piena del fiume diretta verso la foce della perdizione. Allora stringiamoci in un solidale abbraccio che riecheggi il vincolo di amore che ci unisce a Dio e sosteniamoci a vicenda nella lotta per la tutela della vita, unico e sommo bene per cui battersi contro ogni sopruso, violenza e macchinazione perversa che ne minaccia l’integrità. La speranza, virtù teologale e umana, ci spinga a credere in una società migliore in cui regni la pace, la solidarietà e i valori della giustizia e ci porti a sostenere una “lotta” disarmata e disarmante sostenuta con le armi della benevolenza e dell’amore. Dal nostro cuore sorgano questi sentimenti per sentirci tutti impegnati alla costruzione di una società sempre più giusta e amante della vita. A mamma Erminia e a chi come lei, soffre il dolore per la perdita di un figlio, rivolgo il mio sentimento di vicinanza e di conforto spirituale, facendomi portavoce e interprete dei sentimenti di ciascuno di noi.