II domenica dell’Avvento (B) 

10-12-2023

Omelia: II domenica dell’Avvento (B) 

Carissimi,

abbiamo intrapreso la scorsa domenica il cammino dell’Avvento. Ci troviamo a vivere questa seconda tappa del tempo di Avvento, dopo aver vissuto un momento di riflessione e di preghiera alla luce della straordinaria figura di San Pio. Nell’Eucaristia facciamo esperienza del Signore che viene. In questa seconda Domenica siamo posti dinanzi ad “nuovo inizio”: «Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio». Così è scritto nella prima pagina, alla prima riga, del Vangelo di Marco; il Vangelo che in questo Anno Liturgico ci farà da guida per tutto il ciclo domenicale del Tempo Ordinario. Come sul frontale di un antico tempio, in avvio del racconto di Marco sta scritta una notizia sorprendente, condensata in una semplice ed immensa espressione: «Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio». Sei parole in tutto che racchiudono in sintesi l’intero Vangelo e dalle quali si sprigiona un’intensissima luce di verità. Se l’Avvento deve introdurci alla conoscenza e all’accoglienza di “Colui che deve venire”, noi rimaniamo oggi più che mai nello spirito di questo tempo di grazia intrattenendoci attorno a queste parole, rileggendole come comunità che riscopre le radici della sua fede cristiana. «Inizio»: Sembra quasi un’annotazione pratica, un particolare descrittivo, un semplice titolo esterno al racconto. Ma Marco, con questa parola, non ha soltanto l’intenzione di cominciare materialmente la sua narrazione. Egli è consapevole che il suo Vangelo sta raccontando qualcosa di decisivo e di fondamentale per la storia di tutti gli uomini e per la vita di ogni uomo. “Inizio” è una parola piena di fascino: a noi, questa sera, riuniti dal desiderio di riscoprire la santità eroica di San Pio da Pietrelcina, questa parola ci sta dicendo qualcosa di straordinario. Quando tutto sembra finireDio ci offre una possibilità di ricominciare qualcosa di veramente nuovo. La seconda parola – “Vangelo” non si riferisce solo ad un libro, ma ad un annuncio. Un lieto annuncio, una bella e buona notizia. E, questa “lieta notizia” non riguarda semplicemente qualcosa, è Qualcuno. È una persona. È Gesù stesso, il Vangelo vivente. In lui giunge finalmente la fine della triste orfananza dell’uomo, dell’angosciosa perdizione che si era materializzata già nell’Eden, in quella voce di Dio che si rivolgeva ad Adamo ed Eva, cercandoli: “Adamo dove sei?”. Gesù è il punto di orizzonte in cui il cielo e la terra si toccano, in cui l’eterno di Dio si incrocia con il tempo finito del mondo, in un abbraccio di tenerezza e di vita che non si scioglierà mai più. Il Vangelo è Gesù: una storia concreta, una vicenda umana vera, una persona con un nome proprio, un corpo di carne e di ossa. Ma, Gesù  è «Cristo, Figlio di Dio». È il Messia atteso e promesso, che arriva al culmine di una storia intrisa di speranza. Ma vi giunge inaspettatamente come Colui che scende dall’alto, che viene da Dio. Ecco il cuore del cristianesimo: Gesù nella sua singolarissima identità umana e divina. Successivamente tutto il racconto di Marco servirà a svelare il mistero di Gesù, nella sapiente progressione delle parole e dei gesti, fino all’epilogo tragico della croce e alla luce trasfigurante della risurrezione. Vengono in mente le parole di Isaia ascoltate nella prima lettura di oggi: «Consolate, consolate il mio popolo… Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta… Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere! Ecco, il Signore viene!». L’evangelista e il profeta Isaia parlano della stessa cosa: del Dio che in Gesù Cristo ha visitato e redento il suo popolo, schiacciato sotto il peso di tante schiavitù, che ha portato libertà e consolazione all’umanità stanca e smarrita, con la potenza della sua tenerezza. Un Dio che fa fiorire l’inverno della storia e trasforma la terra arida del cuore umano in un ricco e fecondo giardino. Ma questa non è una storia passata; non è una storia lontana. E l’impegno di farsene testimoni non riguarda solo l’evangelista e il profeta o i loro contemporanei. Riguarda anche noi. Riguarda tutti noi! Il nostro impegno sta nel  gridare con la forza della convinzione e la credibilità della coerenza la buona notizia del Vangelo di Gesù. Ma perché possa rinnovarsi questa forza profetica e questo evangelico slancio è necessario che noi per primi riviviamo la gioia dell’accoglienza del Signore che viene. Qui ci viene incontro il Battista di cui ci parla ancora il Vangelo di oggi. La “voce” che grida nel deserto, il precursore del Messia, vestito di peli di cammello, ma senza peli sulla lingua; il profeta che guarda all’essenziale. Con il suo stile di vita, Giovanni, ci ricorda oggi che è necessario un triplice atteggiamento per accogliere Cristo nella nostra vita ed annuncialo per la vita degli altri. In primo luogo, il Battista, ci suggerisce di amare il “deserto”: cioè di cercare e creare spazi di silenzio, momenti di raccoglimento, oasi di interiorità, per non essere soffocati dal ritmo frenetico e dal rumore assordante dei nostri giorni. Chi non ama il silenzio, distrugge una delle vie preferenziali di accesso a Dio. In secondo luogo, il Battista ci invita a praticare la sobrietà e l’austerità per non accogliere lo stile esuberante di vita che rende incapaci di sentire la voce di Dio e rende insensibili i cuori degli uomini al grido dei poveri. Infine, il terzo impegno: vivere nell’umiltà sentire: «Io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali» – dice il Battista riguardo a Gesù. San Pio così scriveva in una delle sue lettere circa la virtù dell’umiltà: “È la tentazione ad accontentarsi della propria debolezza ad adeguare il sogno di Dio a quello dell’uomo, è la rinuncia ad osare di più. Tu ricorda, anima amata, che non si può consegnare la vita a Cristo senza un profondo atteggiamento d’umiltà. L’esempio di San Pio, quello del Battista, e in particolar modo quello di nostro Signore Gesù Cristo, ci conducano alla meta di una vita santa, ricordandoci di impegnarci ad essere perseveranti nella fede, nella speranza e nella carità.