Inizio della nuova Associazione Maria Cristina di Savoia – Sangineto 

25-10-2023

Omelia per Associazione Maria Cristina di Savoia – Sangineto 

Carissimi, 

la celebrazione eucaristica che stiamo vivendo ci tiene stretti nel vincolo della comunione con il Signore Gesù, donandoci la Parola che illumina le scelte della vita, unitamente al suo corpo e al suo sangue che alimentano e sostengono il nostro pellegrinaggio terreno. In questo contesto così bello di comunione ecclesiale, sperimentiamo quanto sia preziosa la condivisione della fratellanza che ci rende disponibili ad accoglierci gli uni gli altri con sentimenti di bontà, mansuetudine e misericordia. Questa sera affidiamo alla custodia celeste i buoni propositi che hanno reso possibile la nascita di una nuova Associazione. Essere “associati” significa stabilire relazioni pacifiche, incoraggia alla collaborazione e alla condivisione. Vivere per l’altro è la soluzione che distrugge ogni cattivo proposito di divisione e di frantumazione, dei quali spesso facciamo esperienza. Nel mondo e persino nella Chiesa sono presenti tentativi di isolamento e di frammentazione che si oppongono alla edificazione del Corpo di Cristo, il quale cresce lì dove sorgono spazi di carità e di fraternità da coltivare e da realizzare attraverso la nostra collaborazione. Rivolgo un caloroso saluto al vostro Parroco don Pantaleo e a tutti i collaboratori ecclesiali, saluto la presidente dell’Associazione Francesca Rizzuti e con lei tutti gli associati, il Sindaco e le autorità civili e militari qui presenti. 

A Maria Cristina di Savoia sarà dedicata la vostra associazione. Il 2 Maggio 2013 Papa Francesco l’ha proclamata beata dopo aver riconosciuto il miracolo della guarigione da un tumore maligno di una donna, Maria Vallarino, avvenuto nel giugno 1866. Ci affidiamo alla sua intercessione per implorare il dono della guarigione spirituale, prima ancora di quella fisica, perché possiamo contemplare nella quotidianità la presenza salvifica, consolante e benefica del Signore Gesù, che ci mostra nella contemplazione della fede eroica dei Santi, il disegno di una chiamata – quella alla santità – che coinvolge direttamente e impegna a dedicarsi con tutte le forze al suo raggiungimento. Questo significa che è davvero possibile essere santi! Nel contesto della celebrazione eucaristica lasciamo un po’ di spazio libero nei nostri cuori per ricordarci di pregare per la pace, in particolar modo per l’Ucraina e per la Terra Santa, martoriate dal flagello della guerra. 

Come Associazione sarete impegnati a diffondere principi e valori che occorre trasmettere con maggiore urgenza nel contesto sociale in cui siamo inseriti. La crisi di Dio, quella dei valori, le crisi antropologiche, politiche e culturali, dipendono anche dal nostro impegno e dalla nostra disponibilità a favorire l’edificazione di luoghi in cui diffondere una cultura che mira a rendere l’uomo sempre più umano. Quando ciò avviene, il terreno buono del suo cuore può accogliere il seme divino che porterà certamente frutti buoni e maturi. Quando ciò non avviene è perché diventiamo indisponibili alla Grazia e schiavi del peccato. Per questo motivo facciamo nostro il monito di San Paolo che abbiamo ascoltato nella prima lettura: “il peccato non più nel vostro corpo, così da sottomettervi ai suoi desideri”. Alla luce della Parola di Dio ci interroghiamo sulla qualità della nostra vita: siamo veramente liberi? La libertà di Dio, quella che solo Lui può donarci, in forma stabile e duratura, è un cammino di maturazione che dobbiamo percorrere. Lo vogliamo fare insieme, arginando la tentazione dell’isolamento, servendoci degli esempi di chi è migliore di noi e può aiutarci a migliorare, facendoci solidali gli uni gli altri, portando i pesi di chi è più debole, sorreggendo i passi vacillanti di chi è fragile, curando le relazioni con la disponibilità al dialogo reciproco. Interroghiamoci se siamo davvero capaci di renderci strumenti utili per aiutare gli altri ad essere liberati dalle loro schiavitù. Tutti dobbiamo avvertire il bisogno di essere liberi e la sollecitudine ad aiutare gli altri per liberarsi da ogni forma di schiavitù. Liberi per liberare! Da questa presa di coscienza nasce il rendimento di lode a Dio perché tutti possiamo dirci liberi dal peccato che Lui stesso ha distrutto con l’offerta del suo Figlio sulla croce. Questa libertà non conquistata, ma donataci gratuitamente dal Signore, è espressa dal salmista con queste parole: “siamo stati liberati come un passero dal laccio del cacciatore”. A noi è richiesto di vigilare sulla nostra vita, sulle nostre scelte, sulle intenzioni che animano i nostri passi. Il tema del Vangelo che abbiamo ascoltato è proprio quello della vigilanza. Gesù, con la sua Parola, avverte i suoi discepoli di un pericolo imminente: pensare che non sia mai il tempo opportuno per incontrarlo e rimandare il suo incontro con noi ad un momento mai definito. Pietro, pensando di essere migliore degli altri, con un po’ di compiacimento, chiede a Gesù se la parabola raccontata fosse rivolta a loro. L’atteggiamento di Pietro è molto comune: egli, infatti, rappresenta in qualche modo ognuno di noi con le proprie debolezze, con le proprie miserie, con le proprie infedeltà. Spesso pensiamo che la Parola di Dio sia rivolta agli altri, che i problemi siano altrui, che i peccati commessi dagli altri siano di una misura superiore rispetto alla nostra. La nostra libertà è espressa attraverso l’immagine dell’amministratore a cui il Signore affida la gestione della sua casa. Ogni persona è un amministratore: quando si nasce, riceviamo tutti un’eredità divina e delle capacità per realizzarci nella vita. Scopriamo che queste potenzialità e la vita stessa sono un dono di Dio, dal momento che non abbiamo fatto nulla per meritarle. Sono un regalo personale, unico e irripetibile per esprimere la nostra personalità. Tutti noi abbiamo dei “talenti” da investire e le qualità che dobbiamo far crescere nel trascorso della nostra esistenza. Come un ladro di casa il Signore irrompe perché possiamo rendere conto di quanto abbiamo ricevuto. Questa esortazione evangelica rappresenta per noi un richiamo alla fedeltà, la quale mai è subordinata all’egoismo. Abbiamo la responsabilità di saper “corrispondere” ai beni che abbiamo ricevuto insieme alla nostra vita, imparando a riconoscere  la volontà del “padrone” nella nostra “coscienza”, perché diventiamo responsabili delle nostre azioni. Abbiamo delle responsabilità verso qualcuno o qualcosa. Il Signore ci ha già affidato la sua “casa”, la società, i nostri colleghi di lavoro, i nostri amici, la famiglia, la comunità ecclesiale. Di tutto questo bene possiamo  disporre come se fossimo i padroni, servendocene, oppure, essendo amministratori, servendolo. Rimanere amministratori significa dunque mantenere fede alla missione e alla responsabilità di servizio che ci è stata affidata. La chiamata al servizio si fa dunque strada per la relazione con Dio e con il prossimo. Per questo Gesù chiede grande vigilanza e profonda intelligenza nella vita cristiana. Chiede di restare nell’atteggiamento e nella tenuta dei servi, che per servire si cingevano la veste ai fianchi; chiede di tenere le lampade accese, di restare in attesa della venuta del Signore, per ascoltare lui che bussa alla porta e potergli aprire quando arriva. Servi in attesa del Signore che viene: ecco chi sono i cristiani, per i quali risuona la beatitudine: “Beati quei servi che il Signore al suo arrivo troverà vigilanti”, cioè beato chi, avendo come suo tesoro il Signore, sarà in attesa di trovarlo e lo incontrerà alla sua venuta, a qualunque ora arrivi, anche se dovesse tardare. Questa celebrazione eucaristica ci consente di affidarci alla Vergine Maria Regina della Palestina. Vogliamo contemplare lo splendore del volto di Maria che continua a guardarci con occhi di Madre. Il suo affetto viene a noi donato nel vigilare sulle nostre intenzioni, nel suscitare la concordia e la sinergia del nostro operato, nel suggerirci come rimedio al male, la richiesta di una fede incrollabile nelle promesse che Dio ha già realizzato e continuerà e mostrarci nella sua infinita misericordia. Amministratori saggi, vigilanti e umili: ecco qual è il sogno di Dio per  una comunità di credenti che testimoniano la buona notizia della salvezza nella consapevolezza che la Parola incarnatasi nel grembo di Maria “quando venne la pienezza del tempo” continua a mettere la tenda per stare tra gli uomini e stabilire legami di amore rinnovato e promesse di riconciliazione autentiche.