Messa Convegno Caritas Cetraro

28-09-2023

Omelia Cetraro Convegno Caritas  

Carissimi, 

dopo aver accolto i doni della riflessione odierna, incentrati sul tema della Caritas, rivolgiamo i nostri cuori a predisporci ad accogliere il mistero dell’Amore di Dio che si offre nel sacrificio eucaristico. Questa plasma la nostra vita, la modella secondo l’esempio di Cristo che si è offerto senza riserve e continua a donarsi mostrandoci l’esempio da seguire. La Parola di Dio ci offre due spunti di forte riflessione; l’uno lo possiamo trarre dalla prima lettura del profeta Aggeo. È fortemente provocatoria e salutare per la nostra anima la domanda che il profeta rivolge al popolo d’Israele, al tempo in cui si attendeva la restaurazione del Tempio; la stessa domanda che è rivolta ai nostri cuori: “Vi sembra questo il tempo di abitare tranquilli nelle vostre case ben coperte, mentre questa casa è ancora in rovina? Una domanda che ci porta a dire: non possiamo restare sereni nelle nostre case finché tutti non abiteranno sotto un tetto, finché tutti non avranno cibo per sfamarsi, vesti per coprirsi, dignità per essere pienamente umani.  Una riflessione teologico-pastorale matura deve necessariamente porre al centro la questione della povertà. La chiesa che vive in un contesto storico di consumismo esasperante coglie il grande rischio di una crescente cultura individualistica che coltiva i valori negativi della marginalizzazione sociale. L’isolamento egoistico non lascia spazio sufficiente per coltivare la ricerca di una prossimità che valorizzi e sostenga chi versa in una condizione di indigenza e di precarietà assoluta. L’individualismo crea un impoverimento graduale della propria interiorità, con la conseguente chiusura del cuore in cui i cristiani si dimenticano dei poveri e si privano volontariamente di una relazione positiva con il Dio amante della giustizia. Una pastorale per i poveri suscita nella chiesa un rinnovato interesse a riattivare una dinamica missionaria che porti a tutti il messaggio evangelico, senza eccezioni e differenze sociali, riconoscendo i bisognosi come i privilegiati del Vangelo. È urgente ritornare a far risuonare nel cuore dei credenti il discorso che Gesù tenne nella sinagoga di Nazareth: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio (cfr. Lc 4,18). 

Ad un primo aspetto che ponga in risalto l’attenzione che la chiesa deve rivolgere ai poveri, se ne affianca un secondo di non minore importanza: il Vangelo per i poveri, è anche il Vangelo dei poveri, per cui i destinatari privilegiati diventano anche i soggetti che operano attivamente nell’evangelizzazione. 

La nuova evangelizzazione è chiamata a ripercorrere i passaggi esistenziali della carità e dell’umiltà in una sequela perenne del Cristo povero. Non si tratta di una sequela qualsiasi, ma di un processo di reale conversione sostenuta dalla fedeltà al Vangelo. Seguire Gesù significa vivere nello spirito delle beatitudini e ciò coinvolge non una cerchia ristretta di credenti, ma l’intero popolo di Dio. Occorre promuovere una cultura della condivisione affinché la chiesa non agisca solo a favore dei poveri, ma viva con i poveri. I valori della povertà restano, infatti, la più nobile forma con la quale annunziare il Vangelo. Essi sono testimoni della ricchezza del Regno di Dio. 

La condivisione della povertà non invalida, tuttavia, l’impegno a lottare contro ogni forma di miseria e discriminazione che sono frutto di decisione egoistiche. 

Una pastorale con e per i poveri, è naturalmente congiunta alla promozione della pace per sconfiggere la sete dell’oppressione in tutte le sue forme, attraverso un contributo fattivo da parte dei cristiani che si riscoprono nella loro individualità, costruttori di un mondo più giusto e libero da ogni discordia sociale. La chiesa raccoglie dal suo maestro una precisa direzione, impressa nei suoi seguaci, quella di dover vivere non per sé stessa, ma per la salvezza del mondo, soprattutto di chi si sente escluso, marginato e privato della bellezza che dovrebbe splendere sul suo volto perché riflesso dell’immagine di Dio. È il tempo di credere con coraggio alla costruzione di una pastorale della prossimità, favorendo centri di accoglienza per i senzatetto, mense caritas, centri di ascolto, in continuità con l’esempio di Cristo che viveva e offriva la sua vita per i poveri e i sofferenti. 

La salvezza del mondo, oggi più che mai, si realizza nell’impegno per i bisognosi e per i poveri. Tutto ciò comporta una serie di scelte coerenti e consequenziali. A partire dall’opzione preferenziale di uno stile di vita che mira all’essenzialità. Occorre imparare a fraternizzare con gli altri, donandosi ai più bisognosi che ciascuno può scorgere presente attorno a sé, se si ha il coraggio di farlo. Non esiste un piano pastorale più efficace della concretizzazione dell’amore e dell’attualizzazione di quel comandamento che sancisce la perenne novità del Vangelo e di ogni annuncio salvifico: amare Dio e il prossimo. Il modello da seguire è il Cristo crocifisso dal quale imparare a vivere in conformità con la sua intima natura messianica e profetica e ciò ci riporta sempre all’annuncio del Vangelo come buona novella ai poveri. 

La seconda provocazione la vogliamo cogliere dal Vangelo di Luca appena ascoltato. L’espressione che mi sta a cuore comunicare è proprio quella finale: “e cercava di vederlo”. Si riferisce al desiderio di Erode di voler incontrare Gesù, di fare esperienza della sua potenza. Egli è un uomo immerso nel peccato e nella frustrazione personale di aver tradito sangue innocente, quello di Giovanni ucciso senza il pieno consenso. Erode, accecato dal male del rimorso, “cercava di vederlo”, cercava una via di uscita, un motivo per sentirsi perdonato. Questo desiderio di Erode, lo vogliamo far nostro, perché possiamo continuare a cercare il Signore, anche nelle condizioni più difficili e impensabili. Sappiamo che c’è una via di salvezza, che per noi ha l’immagine chiara del Dio crocifisso, del Maestro che continua a donarci una parola di speranza, utile per impegnare le nostre forze e le nostre energie, nell’amare con passione e disinteresse. 

La carità sia la nostra unnica regola e il nostro unico fondamento su cui costruire la vita di fede.