Omelia Mercoledì delle Ceneri 2025

05-03-2025

Carissimi,
iniziamo questa sera un tempo lungo e impegnativo, quello della Quaresima. Generalmente è identificato come faticoso, perché ci ritroviamo a vivere dei sacrifici, ad assumerci impegni, a portare avanti propositi difficili da attuare. Ci ritroviamo nel contesto liturgico in cui riceveremo un pugno di ceneri sul capo, pensando di aggiungere un ulteriore peso alle già tante fatiche e pesantezze delle nostre giornate. Vorrei che imparassimo a rileggere la Quaresima come un tempo leggero, come lo spazio in cui torniamo a respirare, ad alleggerire l’animo, a ritrovare gusto e piacere di vivere, un tempo in cui ci riscopriamo felicemente abitati dalla tenerezza di Dio. Le ceneri sul capo non siano un simbolismo che ci rimanda ad una vita grigia e pesante, transitoria, in cui mancano la gioia e l’entusiasmo e non si riescono a coltivare i sogni. Le ceneri siano, piuttosto, il segno che ci incoraggia a ricordare chi siamo, segno di vite evangeliche, dove l’io non è più così centrale. Le ceneri siano il segno di scelte prive di superbia, di giornate senza protagonismi, di corse che hanno finalmente una meta, di cammini da fare insieme, siano il segno di giornate dove si torna a sorridere per le gioie altrui, segno che incoraggi alla pace e alla fraternità. Il Profeta Gioele, nella prima lettura ha mostrato ai nostri occhi la meta da raggiungere in questa Quaresima: ritornare a Dio con umiltà e semplicità!
“Ritornate a ma con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e con lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male”. Il Vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato ci esorta all’elemosina, al digiuno e alla preghiera. Vorrei partire dall’elemosina: questa non si trasformi in semplice assistenzialismo, ma sia dal respiro ampio e che ci conduca in questi quaranta giorni a rivisitare le nostre relazioni. L’elemosina ci spinga a rivedere gli altri non come rivali, non come ostacolo, ma come mendicanti di amore, di relazioni sane e vere. È tempo di offrire noi stessi davanti alla mano tesa di chi ci vive accanto e chiede anche da noi gesti di affetto e di considerazione. È il tempo di elemosina senza guardare l’orologio, fatta di spazi frequenti di dialoghi cordiali e sereni, è tempo di mettere nelle mani mendicanti dei nostri familiari, dei nostri amici, dei nostri colleghi, dei nostri amici in parrocchia, la disponibilità delle nostre risorse, la povertà del nostro cuore, la sincerità dei nostri sentimenti. È tempo di dare in elemosina partendo dalla donazione di noi stessi, per essere finalmente capaci di consegnare la vita per amore. È tempo di elemosina per vivere felici, è tempo di parlare il linguaggio del consumarsi, proprio come ha fatto Gesù nell’ultima cena: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue dato per te”. Non si spenga mai l’entusiasmo di donarsi, di perdersi per amore, non si spenga mai la voglia di dire dei sì oggi e per sempre, come fosse il primo giorno, come fosse l’unico. Poi all’elemosina segue la preghiera; quello della Quaresima sia il tempo in cui riscoprire il valore della preghiera. Non di preghiere devote e sterili, ma di relazione sincera con Dio. Si tratta di far diventare la vita una preghiera, dove Dio riempie tutti gli spazi interiori ed esteriori, dove Egli abita e abbia il primato; si tratta di diventare consapevoli continuamente che siamo alla Sua Presenza e che ci è accanto, senza mai separarsi da noi. A sostegno della preghiera il digiuno; non solo materiale, ma quello del Vangelo è un richiamo al digiuno di noi stessi per tornare ad essere liberi, non schiavi di progetti e situazioni, dell’opinione degli altri e del consenso, della ricerca sempre più ansiosa di appagamenti e soddisfazioni, imparando a non usare più gli altri per realizzare un io mai contento di ciò che realizza. La Quaresima richiede di esercitarci ad una vita senza ingordigia, senza inutile spreco di affetti e di tempi senza senso, di pigrizie, eliminando quelle abitudini inutili che lacerano e distruggono. Il digiuno ci educa ad avere fame di ciò che sazia veramente, della Parola di Dio che sazia e che disseta per sempre. È l’ora di entrare con gioia in quel segreto del Padre, per ritornare ad essere figli. Questa sia la meta della nostra Quaresima. L’essere figli ci basti. In ognuno di questi quaranta giorni possiamo dire al Signore: “oggi ti ho amato più di ieri”. Sia solo l’Amore per Te, Signore, ciò per cui vale la pena vivere; sia solo l’Amore per Te la nostra testimonianza, sia solo l’amore per Te ad avvicinarci tra noi, sia solo l’amore per Te a far crescere la fiducia, per giungere a celebrare la Pasqua come vera comunità, come Popolo di Dio, felice di avere Te come principio, Te come mano tenera che ci sostiene, Te come fine di ogni pensiero, di ogni parola, di ogni azione. Sia una Quaresima dell’incontro, tempo in cui nel segreto del cuore ci riscopriamo veramente fratelli e sorelle. Ci mettiamo tutti nel segreto del Padre, volendoci bene dal profondo.
“Camminiamo insieme nella speranza”, come ci esorta Papa Francesco nel suo Messaggio per questa quaresima, invitandoci alla conversione della sinodalità, insieme, e alla speranza. Camminare insieme significa essere tessitori di unità, a partire dalla comune dignità di figli di Dio (cfr Gal 3,26-28); significa procedere fianco a fianco, senza calpestare o sopraffare l’altro, senza covare invidia o ipocrisia, senza lasciare che qualcuno rimanga indietro o si senta escluso. Andiamo nella stessa direzione, verso la stessa meta, ascoltandoci gli uni gli altri con amore e pazienza.
Il nostro vivere questa Quaresima 2025 lasci un segno nella storia della Diocesi e ci faccia diventare segno luminoso e credibile di Speranza.
Amen.