Ecco, innanzitutto voglio salutare e ringraziare don Ciro, il rettore di questo nostro bel santuario, insieme alle suore che custodiscono questo luogo. Saluto la Madre Generale, che è qui con noi questa sera, insieme alle suore dell’episcopio, le nostre ancelle eucaristiche. Ecco, il mio saluto va in modo particolare a tutti i nostri artisti. Dicevo all’inizio, questa sera ci regalano un momento di serenità, di pace, un momento di gioia. Noi abbiamo bisogno di un messaggio di pace, di un messaggio di serenità. Per cui, a voi va ancora tutta la nostra gratitudine per aver condiviso con noi i vostri talenti, le qualità, le doti che la natura e il Signore vi hanno donato e che questa sera, attraverso l’arte, la musica, il canto e la danza, volete condividere e donare a tutti noi, sapendo anche il lavoro, l’impegno e la fatica che c’è dietro tutto questo. I talenti vanno curati, accompagnati e potenziati. Grazie, dunque, per questo dono.
Valorizziamo così anche il nostro territorio. So che molti di voi, questa sera, si esibiscono e fanno parte integrante di questo nostro territorio, della nostra bella Calabria, della nostra diocesi, delle nostre zone. È bello poter valorizzare tutto ciò che di bello c’è nelle nostre zone, e c’è tanto, che dobbiamo saper valorizzare. Infine, questa sera potremo assistere a tutta questa bellezza che, attraverso la musica, il canto e la danza, verrà donata a noi. È bello pensare che l’arte e la musica siano anche un modo per elevare lo spirito e l’anima. Per chi crede, certamente la musica ci avvicina a Dio, ma, al di là della fede, la musica, il canto e i talenti che portiamo dentro di noi ci aiutano sicuramente a elevare l’anima e lo sguardo verso l’alto. L’espressione della musica, della poesia e delle arti in generale rende la nostra vita più bella. Abbiamo bisogno di recuperare questa dimensione della bellezza e della cultura. Sono certo che questa sera vivremo un momento alto di bellezza e di cultura, e questo si inserisce molto bene nel contesto della festa che stiamo celebrando.
In questi giorni, in questo mese, stiamo celebrando la nostra Madonna Incoronata del Pettoruto, e i temi della bellezza e della cultura si inseriscono bene in questo contesto. Abbiamo bisogno di bellezza, in un mondo in cui si parla di guerra, violenza e aggressività. Sembra che tutti siano arrabbiati; abbiamo bisogno di recuperare la bellezza, che significa rispetto, condivisione e anche cura del creato. In questi giorni stiamo vivendo anche il Tempo del Creato, dove Papa Francesco, attraverso la “Laudato Si’” e i messaggi che ci consegna ogni anno, ci invita ad avere cura e a custodire la nostra casa comune.
Questa sera vivremo tutto questo nel contesto della natura, del creato, che va custodito e curato affinché possiamo vivere la nostra vita in armonia con la bellezza che ci circonda. Recuperiamo la bellezza e la dimensione culturale della nostra vita. Del resto, la fede e la vita religiosa, così come questi luoghi, devono essere spazi che educano e formano. La fede non è solo un insieme di devozioni, ma anche pensiero, ragionamento, approfondimento del messaggio del Vangelo. Per questo la dimensione culturale è molto importante. Sono convinto che questa sera riusciremo a coniugare queste due realtà: bellezza e cultura.
Vogliamo far precedere tutto questo da questa celebrazione. È bello che ci sia la Messa, che ci sia la preghiera ad accompagnare ciò che viviamo. Questa celebrazione, che precede la domenica, i primi Vespri della domenica, attraverso la Parola che ascoltiamo e l’Eucaristia che condividiamo, ci dona ciò che è alimento e sostegno per la nostra vita. Il Signore si fa nostro compagno di viaggio, di cammino, attraverso la Parola e l’Eucaristia, questo pane della vita.
Oggi abbiamo ascoltato un brano del Vangelo che segue quello di domenica scorsa. Se ricordate, domenica Gesù poneva ai suoi apostoli un interrogativo: “Ma la gente cosa pensa di me? Chi dice che io sia?”. E lo chiese anche ai suoi apostoli: “Ma io, per voi, chi sono? Cosa rappresento per la vostra vita?”. E Pietro, a nome di tutti, disse: “Tu sei il Cristo”, per dire: “Sei il Messia, sei il nostro Salvatore, sei tutto ciò di cui abbiamo bisogno”. E Gesù, questa sera, spiega meglio cosa significa essere il Cristo, essere il Messia, essere il primo. Ce lo dice con un esempio chiaro ed evidente: chi vuole essere il primo, chi vuole essere importante, deve assumere l’atteggiamento di un bambino. Anzi, dice Gesù, il primo deve essere disposto a servire, rovesciando la logica del pensiero comune. A volte pensiamo che essere i primi significhi occupare posti particolari e avere potere sugli altri. Gesù fa capire che essere i primi, essere a capo di certe realtà, significa farlo con lo stile del servizio e dell’umiltà, come un bambino. Il bambino diventa addirittura la misura, il modello del Regno di Dio, una logica che mina quella umana del potere, dell’egoismo, della superbia, del voler possedere e imporsi sugli altri.
Gesù ci insegna che dobbiamo occupare posti di responsabilità, ma con lo stile di chi sa servire, di chi è umile e semplice, come un bambino. Il bambino, con la sua spontaneità, gioia, purezza e semplicità, diventa il modello da imitare. Altro che possedere o comandare: è servire. Gesù, che è il maestro, lo dice e lo fa, lo vive. Basta ricordare il gesto di Gesù che lava i piedi ai suoi apostoli durante l’Ultima Cena. Gesù dice: “Voi mi chiamate Maestro e Rabbì, e dite bene, perché io lo sono. Io che sono il Maestro lavo i vostri piedi”, per dire che così si vive il servizio, così si vive l’essere ai primi posti.
Questo messaggio, allora, possa entrare nella nostra mente e nel nostro cuore, rendendoci più umani, più semplici, più umili. Riconosciamo che siamo creature e che c’è un Creatore, c’è Dio, a cui dobbiamo dare il primato, da cui tutto proviene. E noi, come creature, abbiamo bisogno di alimentare le nostre relazioni con gli altri nello spirito dell’umiltà, della semplicità e del servizio. È l’umiltà che premia, che ci rende umani e capaci di instaurare relazioni belle tra di noi. Viviamo questa celebrazione, questa serata, in questo spirito evangelico. Del resto, la musica, il canto, la poesia e la danza risvegliano in noi la dimensione del bambino, di chi sa stupirsi, meravigliarsi, vedere e gustare la bellezza che ci circonda. Il nostro cuore torni a essere semplice e umile per cogliere tutta la bellezza che Dio mette a nostra disposizione.
† Stefano Rega