“Vada a dire ai sacerdoti che si costruisca qui una cappella e che vi si venga in processione”
Pellegrini: in cammino incontro a Cristo per mezzo di Maria
Ci siamo messi in cammino per riscoprire la nostra identità di pellegrini. Non siamo nomadi erranti che partono senza conoscere una meta. La nostra destinazione è chiara; prima ancora di partire dalle nostre case, dalle vicende personali, dalle nostre abitudini, dai nostri problemi che abbiamo dovuto lasciarci alle spalle o che abbiamo portato con noi per presentarle alla Vergine Santa, avvertiamo nel cuore il desiderio di incontraci con il Signore. È chiara, dunque la nostra meta: incontrare Dio, attraverso Maria. Ella non sarà mai terra di arresto, palude che ci impedisce di andare avanti, ma sarà terra di incontro dove sperimentare il sostegno e la tenerezza di una madre che accoglie, consola, conforta, sostiene i suoi figli e li conduce per mano all’incontro con il suo amato figlio. Maria è per noi modello del cammino. La sua storia è quella di un «cammino» di fede che ha percorso in tutta la sua vita — dall’annunciazione, attraverso la vita nascosta a Nazareth, fino alla Croce e alla Pentecoste — come «pellegrinaggio» della fede e come «itinerario verso Dio». L’annunciazione «rappresenta il momento cruciale della fede di Maria in attesa di Cristo. Il suo fiat alla rivelazione di Dio (cfr. Lc 1,38) ha inaugurato dal punto di vista umano il compimento del mistero divino. Maria ha pronunciato questa fiat mediante la fede, con la quale ella si è abbandonata a Dio senza riserve. Con il suo consenso alla parola di Dio, Maria ha attuato perfettamente la caratteristica della fede teologale: «A Dio che rivela è dovuta “l’obbedienza della fede per la quale l’uomo si abbandona totalmente a Dio e liberamente a Dio”, come ci ricorda la Dei Verbum al numero 5. La solidità della fede di Maria è visibile in tutti gli episodi della sua vita terrena:
Nell’annunciazione quando accoglie il misterioso dono dello Spirito Santo;
Nel suo Eccomi deciso e pieno di fedeltà;
Nel nascondimento silenzioso che le ha consentito l’accoglienza di un figlio nato senza concorso umano che avrebbe generato il cattivo pensiero di un tradimento coniugale;
Nel cammino faticoso del censimento che l’ha condotta alla nascita di Gesù nella mangiatoia di Betlemme;
Nella fuga in terra d’Egitto;
Nell’educazione materna del piccolo Gesù;
Nel dolore per lo smarrimento del figlio;
Nella gioia del ritrovamento di Gesù al Tempio;
Nello stupore per la sua straordinarietà:
Nell’accompagnamento docile e discreto del figlio nella vita nascosta di Nazareth;
Come discepola obbediente del Maestro Gesù;
Nell’ora dolorosa della morte;
Nella preghiera zelante in seno alla chiesa nascente
Tutta la vita di Maria è espressione di pienezza di grazia, fedeltà e fiducia incondizionata nell’opera divina. Una fede che possiamo definire “granitica”: salda come una roccia.
L’immagine della roccia
Durante la tredicesima apparizione, il 2 marzo 1858, Maria si rivolge a Bernadette dicendole: “Vada a dire ai sacerdoti che si costruisca qui una cappella e che vi si venga in processione”. A partire da questa indicazione che la Vergine Santa di Lourdes ha rivolto a Bernadette, vorrei sottolineare l’immagine della roccia alla luce del suo repertorio biblico. La casualità non può determinare la scelta di Maria di abitare nella roccia di Massabielle. Il motivo della sua scelta ha il sapore e il retroterra biblico. Qual è il significato biblico della roccia? Dio è la «roccia di Israele» (2 Sam 23, 3); dalla roccia, segno di aridità, Egli ha fatto scaturire l’acqua che dà la vita. La roccia esprime, pertanto, la solidità di Dio. La durezza della roccia ne fa un rifugio sicuro come il monte per il fuggiasco. Dio è chiamato la roccia d’Israele perché gli assicura la salvezza. Gli altri titoli divini che lo accompagnano sottolineano questo senso: rifugio, bastione, scudo, torre salda. Per questo motivo tutti i profeti richiamavano il popolo a porre in Dio la propria fiducia, perché Egli è la roccia eterna ed unica. (Is 26, 4; 30,29). Un rifugio sicuro è anche un fondamento solido: Dio è roccia per la sua fedeltà (Deut 32, 4; Sal 92, 16). Colui che ha fede in lui, non può vacillare (Is 28, 16), ma colui che rifiuta di appoggiarsi su questa roccia, vi urterà contro e si infrangerà contro la pietra di scandalo (Is 8,14).
Nel Nuovo Testamento Cristo è la pietra di fondamento (Rom 9, 33; 1 Piet 2,6 ss), colui grazie al quale possiamo mantenerci saldi, non in virtù di una sicurezza umana, ma per la grazia del Dio fedele (1 Cor 10, 12 s). L’uomo che ascolta la sua parola edifica sulla pietra (Mt 7, 24). Così Pietro, roccia sulla quale è fondata la Chiesa, è partecipe di questa stabilità (Mt 16, 18) e con lui tutti i credenti in Cristo.
Gesù, su cui lo Spirito ha riposato, apre ai suoi fedeli la fonte dell’acqua viva donando loro lo Spirito (Gv 7,37ss; 19,34); egli è la roccia del popolo nuovo in cammino verso la liberazione.
Tutte le citazioni che ci parlano dell’immagine della roccia e che si rifanno al repertorio scritturistico dell’Antico e del Nuovo Testamento offrono a noi la possibilità di poter riflettere sul senso della stabilità e della fedeltà di Dio, su cui si basa la nostra fede e alla quale deve ispirarsi la nostra obbedienza alla Parola del Signore.
La roccia di Massabielle e la fede di Maria
La solidità della grotta di Massabielle è una catechesi che ci parla della fede di Maria, fede, quella della Vergine che possiamo definire “granitica”. Una fede che costituisce un’intima disposizione che avvicina a noi la madre di Gesù; essa testimonia che Maria ha condiviso la nostra stessa condizione. Mediante questa solidarietà, ella può guidare tutti quelli che sono ancora impegnati nel pellegrinaggio terreno: tutti sono invitati a considerarla come colei che ha aperto la via della fede in Cristo. Dinanzi alla consistenza della fede di Maria, ci sentiamo pieni di stupore come Elisabetta che esclama: “Beata colei che ha creduto all’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1,45). Il saluto rivolto da Maria alla sua parente, che fa contrasto con il silenzio di Zaccaria, testimonia che ella non ha ceduto alla tentazione dell’incredulità e che possiede la felicita della fede. Elisabetta parla sotto l’influsso dello Spirito Santo, di cui è riempita, ed enuncia la prima beatitudine del Vangelo. Vi è una felicita nel credere: non semplicemente la gioia spontanea che accompagna lo slancio della fede, ma la gioia più profonda che viene da Dio. Nella nuova alleanza Maria è stata la prima a conoscere questa felicita. Si è felici quando si crede. Ecco cosa chiedere a Maria in questi giorni di pellegrinaggio: la gioia profonda che deriva dal credere all’adempimento delle promesse che il Signore ha già realizzato nella nostra vita. La gioia che non è superficiale, a fior di pelle, ma che si radica profondamente nel tessuto delle nostre membra. Una gioia proclamata da Gesù nella sua vita pubblica: “Beati quelli che ascoltano la parola di Dio e la osservano” (Lc 11,28). La fede di Maria, testimoniata dalla solidità della grotta di Massabielle, è un messaggio di speranza per la nostra vita: dove cercare la vera felicità? La risposta d Maria è chiara: la prima felicita non dev’essere cercata altrove, ma nella fede. L’affermazione è sorprendente e non può essere accolta se non da quelli che si aprono alle realtà superiori della vita terrestre. Coloro che si rinchiudono nell’orizzonte immediato delle realtà visibili, non possono considerare la fede che come un atteggiamento secondario e marginale, se non superfluo, e ritenere che essa non produca alcun effetto per il raggiungimento della felicita. La beatitudine che si è verificata in Maria rimane una luce che tende a dissipare la corsa illusoria alle felicita esclusivamente terrene. Credere in Cristo e rimanere in lui sono le prime condizioni per il conseguimento di una felicità solida e radicata.
La fede nella sofferenza
L’apice della fede di Maria è raggiunto nell’ora della croce. Crocifissa nel dolore insieme al figlio morente, da prova suprema della sua obbedienza estrema alla volontà del Padre. Siamo abituati a leggere l’immagine di Maria come colei che subisce il dolore senza accennare alla sua intima reazione. La Vergine non subisce la passione, ma vi partecipa. L’elemento da mettere in rilievo non è di per sé la sofferenza, ma la sua eroica fede nella sofferenza. Ecco il messaggio che possiamo far nostro in questi giorni, nei quali siamo chiamati ad accompagnare tanti sofferenti, rendendoci disponibili e solidali nel condividere il dolore di tanti fratelli e sorelle, che il Signore ci affida come via per la nostra “guarigione spirituale”. Sull’esempio di Maria che sta accanto alla croce del Figlio appropriandosi del suo dolore. La dignità di chi è nel dolore è un messaggio che ci interpella a vivere il senso della prossimità come bisogno che purifica il nostro cuore e la nostra fede spesso disincarnata e distaccata dal senso della solidarietà. L’esperienza che viviamo in questi giorni di grazia ci aiuta a riflettere sulla nostra adesione a Cristo, che passa attraverso una presa di posizione chiara e perentoria: “prendere la sua croce e seguirlo”. La fede nella sofferenza ci mostra l’oltre e la provvisorietà del Calvario. Sul Golgota Maria ha condiviso con il Figlio non solo la morte, ma anche le primizie della risurrezione. Un’ immagine di Maria ai piedi della croce, in cui ella appare solo triste, afflitta, piangente, come canta lo Stabat Mater, cioè solo Addolorata, non sarebbe completa. Sul Calvario, ella non è solo la Madre dei dolori, ma anche la Madre della speranza, come la invoca la Chiesa in un suo inno. La speranza della vita è essenziale come l’ossigeno. Essa è stata per molto tempo, ed è tutt’ora, tra le virtù teologali, la sorella minore. Charles Peguy, noto scrittore francese, così la definiva: la sorella minore che “va ancora a scuola e che cammina, persa nelle gonne delle sue sorelle. Ma è più importante delle sue sorelle perché è lei, quella piccina, che trascina tutto perché la fede non vede che quello che è e lei vede quello che sarà; la Carità non ama che quello che è e lei ama quello che sarà. Dio ci ha fatto speranza”. Il compito di Maria è quello di testimoniarci la speranza che contrasta ogni forma di disperazione e suggerisce di avere pazienza fino alla fine. Maria, sperando e credendo sotto la croce, ci incoraggia a diventare discepoli coraggiosi e testimoni di speranza.
La via privilegiata per vivere il Vangelo è quella del martirio. Questa parola ci ricorda che il compito primario di ciascun battezzato è la testimonianza di vita. Attraverso di noi si rende possibile il miracolo dell’incarnazione della Parola che porta frutti di vita eterna e realizza il diffondersi del Regno di Dio. Oggi, più che mai, avvertiamo l’esigenza di autentici testimoni, di fedeli credibili, di sacerdoti innamorati di Cristo, di laici appassionati alla vita ecclesiale. Certamente, si fa sempre più faticosa la testimonianza a noi affidataci da Dio in una chiesa che deve essere sempre più attenta ai segni dei tempi, ai cambiamenti che la società ci propone, alla riscoperta dei valori che sono insiti nei cuori di tanti uomini e donne, i quali avvertono il desiderio di incontrare il Signore. Come Maria, occorre imparare ad essere segno e strumento dell’amore di Dio.
A distanza di 165 anni, sentiamo realmente il bisogno di rinnovare la nostra scelta di rispondere alla chiamata di credenti, impegnandoci a diventare sempre più “casa fondata sulla roccia”, radicati nel cuore del Vangelo, sorretti dalla materna intercessione di Maria, collocati nella Chiesa che vogliamo sempre più far diventare “casa di accoglienza” dove tutti si sentano ben voluti, compresi, misurati con il metro dell’amore insegnatoci da Cristo e testimoniato dai Santi. In questa casa benedetta dal Signore ciascuno di noi viva la sua vocazione nell’ottica di un servizio semplice, umile, sorretto dalla dedizione incondizionata a costruire relazioni fraterne e umili, ampliando gli spazi di quel Regno di Dio annunciato con forza da Gesù e nel quale desideriamo abitare. La grotta di Massabielle diventata meta di pellegrinaggi, luogo di riparo e di rifugio in cui incontrare la Vergine Maria, ci spinga ad un rinnovato impegno alla costruzione di nuove e autentiche relazioni cristiane fondate sull’amore di Cristo “che soprassa ogni con conoscenza” (Ef 3,19).