Carissimi,
che cosa significa per noi essere qui a vegliare questa notte? Ognuno può dare la sua risposta. Ci troveremo tutti d’accordo su un aspetto: il Natale è il mistero che celebra contemporaneamente “la grandezza” di Dio e la sua benevola vicinanza a noi uomini e donne. Come non meravigliarci di un Dio onnipotente che si china verso di noi e diventa come noi eccetto che nel peccato. La distanza tra noi e Dio sembra infinita. Come possiamo confrontarci, noi che siamo piccole creature, di fronte all’immensità̀ del creato e del Creatore dell’universo? A Betlemme avviene una esperienza sorprendente, direi straordinaria. Questa notte avviene per noi una cosa straordinaria: Colui che ha dato la vita a tutto ciò̀ che esiste si china in giù e diventa come noi. Il Natale è la presenza di Dio in mezzo a noi: Egli vede ognuno di noi, con il suo sguardo provvido e pieno di amore. Il guardare in giù̀ di Dio vale molto di più di uno sguardo verso l’alto. Il guardare di Dio diventa un agire, diventa una persona, diventa un bambino: Dio non solo si china a guardare noi, ma diventa un bambino. La notte di Betlemme acquista un significato completamente nuovo. Il chinarsi di Dio assume un realismo inaudito e prima di questo evento, mai immaginabile. Egli si china, viene verso di noi, proprio Lui, come un bimbo, scegliendo di nascere nella miseria della stalla, simbolo di ogni necessità e stato di abbandono degli uomini. Dio scende realmente. Diventa un bambino e si mette nella condizione di dipendenza totale che è propria di un essere umano appena nato. Il Creatore che tutto tiene nelle sue mani, dal quale noi tutti dipendiamo, si fa piccolo e bisognoso dell’amore umano. Nell’Antico Testamento il tempio era il luogo in cui Dio si rendeva presente in mezzo agli uomini. Ora Egli abita in una stalla. Come non meravigliarci per la sua predilezione per l’uomo, per la sua preoccupazione per lui. Il Natale è la presenza di Dio in mezzo a noi. Per questo domandiamoci: come si attua questa presenza di Dio? È una presenza che si manifesta nella povertà̀ di un bambino totalmente bisognoso dell’amore, perché́ niente può essere più̀ sublime, più̀ grande dell’amore che in questa maniera si china, discende, e si rende dipendente. La gloria del vero Dio diventa visibile quando ci si aprono gli occhi del cuore davanti alla stalla di Betlemme. Lì non appare niente di meraviglioso, niente di straordinario; niente di magnifico viene dato come segno ai pastori. Vedranno soltanto un bambino avvolto in fasce che, come tutti i bambini, ha bisogno delle cure materne; un bambino che è nato in una stalla e perciò̀ giace non in una culla, ma in una mangiatoia. Il segno di Dio è il bambino nel suo bisogno di aiuto e nella sua povertà̀. Il segno di Dio è la semplicità̀. Il segno di Dio è il bambino. Il segno di Dio è che Egli si fa piccolo per noi. È questo il suo modo di regnare. Egli non viene con potenza e grandiosità esterne. Egli viene come bambino, inerme e bisognoso del nostro aiuto. Non vuole sopraffarci con la forza. Ci toglie la paura della sua grandezza. Tuttavia, Egli chiede il nostro amore: perciò̀ si fa bambino. Nient’altro vuole da noi se non il nostro amore, mediante il quale impariamo spontaneamente ad entrare nei suoi sentimenti, nel suo pensiero e nella sua volontà̀. Dio si è fatto piccolo affinché́ noi potessimo comprenderlo, accoglierlo, amarlo. Così Dio ci insegna ad amare i piccoli. Ci insegna in questo modo ad amare i deboli. Ci insegna in questo il rispetto di fronte ai bambini. Il bambino di Betlemme dirige il nostro sguardo verso tutti i bambini nati e verso quelli non nati. Verso i bambini che, come soldati, vengono introdotti in un mondo di violenza; verso i bambini che devono mendicare; verso i bambini che soffrono la miseria e la fame; verso i bambini che non sperimentano nessun amore, verso ii bambini uccisi a causa della guerra e dell’odio. In tutti loro è il bambino di Betlemme che ci chiama in causa, ci chiama in causa il Dio che si è fatto piccolo. Preghiamo in questa notte, affinché́ il fulgore dell’amore di Dio accarezzi tutti questi bambini, e chiediamo a Dio di aiutarci a fare la nostra parte perché sia rispettata la dignità di tutti i bambini; per tutti sorga la luce dell’amore, di cui l’uomo ha più bisogno, molto più delle cose materiali necessarie per vivere. Si è fatto bambino per noi e ha distrutto ogni ambiguità. Si è fatto nostro prossimo, ristabilendo in tal modo anche l’immagine dell’uomo che, spesso, ci appare così poco amabile e deturpata dal male. Dio, per noi, si è fatto dono, donando sé stesso. Egli, l’Eterno che è al di sopra del tempo, ha assunto il tempo, per venire ad abitare in mezzo a noi e donarci il tempo dell’eternità. Il Natale sia per tutti la festa dei doni per imitare Dio che ha donato sé stesso a noi. Lasciamo che il nostro cuore, la nostra anima e la nostra mente siano toccati da questa verità che cambia per sempre le sorti della storia. Le promesse già annunciate dai profeti, come per Isaia, che abbiamo appena ascoltato si sono realizzate: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”. Riconosciamo la nostra storia nella storia di quel popolo messianico che ha atteso da sempre l’Avvento della luce del Cristo. Egli dona gioia, pace e serenità. Questa notte sia più luminosa del mezzogiorno, perché come ci ricorda San Paolo “è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo”. Perciò, cari fratelli e sorelle, tra i tanti doni che compriamo e riceviamo non dimentichiamo il vero dono: Gesù̀ che viene in mezzo a noi. Nella stalla di Betlemme cielo e terra si toccano. Gli angeli cantano il Gloria della salvezza, i pastori assonnati, ma pieni di gioia, accorrono esultanti a contemplare il mistero dell’Incarnazione e annunciano la buona notizia che le porte del Paradiso si sono spalancate sulla terra. Il cielo è venuto sulla terra. Il cuore di Dio, nella Notte santa, si è chinato giù̀ fin nella stalla: quanto è mirabile contemplare l’umiltà di Dio. Domandiamoci ancora: chi si accorse della nascita di Gesù̀? Maria, Giuseppe e i poveri pastori. I ricchi, i potenti, Erode il Grande non se ne accorsero. Anche oggi ci sono coloro che non si accorgono del dono che è Gesù̀. Natale non è il 25 dicembre, ma tutti i giorni perché́ Gesù̀ tutti i giorni nasce nel cuore degli uomini. Vorrei concludere con una breve storia che ci parla di un evento che ci mostra da un lato, la crudeltà dell’uomo quando i bambini diventano le vittime della violenza perché nel nostro cuore sorgano sentimenti di bontà e di attenzione premurosa verso tutti i bisognosi, soprattutto verso i piccoli, ai quali Gesù ha promesso il Regno dei Cieli.
“Mi chiamo Gabriele Francesco. Sono nato a Novara l’11 aprile 2013 e oggi avrei un mese, se fossi ancora vivo. Invece sono morto lo stesso giorno in cui sono nato. Adesso tutti starete pensando che mamma e papà non si sono comportati bene: in effetti mi hanno lasciato solo, sotto un cavalcavia, con indosso pochi stracci e senza un biberon nei paraggi. Ma io non mi permetto di giudicarli. Certo è che noi neonati siamo indifesi: ci buttano dai ponti, ci fanno esplodere sotto le bombe, ci vendono per pochi soldi. Siamo carne da telegiornale. Prima di chiudere gli occhi, mi sono raggomitolato tra i rifiuti per cercare conforto e ho pensato: ma è davvero così brutto questo mondo che sto già per lasciare? Poi mi sono sentito sollevare e sulla nuvola da cui vi scrivo ho visto che la bellezza c’è ancora. C’è bellezza nel camionista che mi ha trovato e nell’ispettore che mi ha messo questo nome meraviglioso: è importante avere un nome, significa che sei esistito davvero. C’è bellezza nei poliziotti che per il mio funerale hanno fatto una colletta a cui si sono uniti tutti, dai pompieri alle guardie forestali. E c’è, la bellezza, nella ditta di pompe funebri che ha detto «per il funerale non vogliamo un euro», così i soldi sono andati ai volontari che in ospedale aiutano i bimbi malati. Dove sono nato io, metteranno addirittura una targa. Allora non sono nato invano. Mi chiamo Gabriele Francesco, e ci sono ancora.
Gesù Bambino, che nacque al freddo e al gelo la notte Santa del Natale, custodisca tutti i bambini del mondo. Egli nascerà nei nostri cuori quando compiremo ogni gesto con amore e compassione, quando impareremo a perdonarci ed accoglierci vicendevolmente, quando la carità diventerà il nostro unico metro di giudizio, quando lo riconosceremo in ogni uomo e donna, quando lo visiteremo negli anziani e negli ammalati, quando lo celebreremo nella Parola e nell’Eucaristia, quando ci chiamerà a sé a godere della gioia del Paradiso che Egli è venuto a portare sulla terra.
Auguri di buon Natale.
† Stefano Rega
Veglia di Natale 2024
24-12-2025