Visita al Seminario di Posillipo – Napoli

20-03-2024

Omelia Seminario di Posillipo 

 

Carissimi formatori e seminaristi del Seminario di Posillipo, 

con grande gioia mi trovo a presiedere per voi e con voi questa celebrazione eucaristica. 

Per tanti anni ho vissuto l’esperienza di educatore e rettore del Seminario. Esprimo pertanto la personale gratitudine al Signore per questo momento di grazia che mi concede di vivere insieme a voi. 

Ritengo sia sempre bello e importante tornare nel luogo del Seminario perché in esso tutti abbiamo fatto esperienza di apprendere il valore prezioso della vocazione: la chiamata interpella singolarmente, e allo stesso tempo, è intesa come relazione aperta al tu, al noi, alla comunità ecclesiale. 

Nelle pagine evangeliche che riportano gli episodi vocazionali ci viene ricordato come essa si vive all’interno di una comunità. Il Seminario è la comunità che funziona nella misura in cui si condividono la fede, l’umanità, la sapienza, l’educazione e la docilità alla voce dello Spirito. Come per la vita di Gesù il tempo dell’educazione alla scuola di Nazareth è stato fruttuoso per prepararlo al ministero della vita pubblica, così è da intendere per noi chiamati il tempo del Seminario. La formazione sarà fruttuosa se mira a predisporre i futuri presbiteri a saper vivere nella vita comune, nel dopo Nazareth, quando l’esercizio del ministero pubblico richiede sacrifici, dedizione piena alla missione, rinuncia di sé, apertura alla relazione, discernimento e sapienza nelle scelte, capacità di saper condurre le anime all’incontro con Signore. L’augurio è che imparerete a vivere non solo “per” gli altri, ma anche “con” gli altri, immergendovi nelle storie di chi incontrerete, facendovi carico delle fatiche e sofferenze dei più deboli, diventando terreno d’incontro fertile e arginando la tentazione dell’autocelebrazione che oscura la potenza dell’azione divina, talmente grande da riuscire a servirsi di strumenti poveri e insufficienti, come siamo tutti noi. In questo senso vi aiuterà conservare una sana umiltà: quella che vi porterà a rimettere tutto nelle mani del Signore, sapendo di poter confidare nella sua grazia e nella sua capacità di supplire alle mancanze umane e alle limitate possibilità che contrassegnano la nostra natura. 

Lasciandovi prendere per mano dal Signore, sperimenterete quanto sia vera la testimonianza di Paolo che nell’ora buia della desolazione, si abbandona in preghiera a Dio, come un bambino indifeso nelle braccia di sua madre ed esclama: “Tutto posso in colui che mi da forza”. 

In questo cammino di crescita quotidiana, fatto di fatica, impegno, studio e missione, i vostri formatori e i vostri compagni, vi riveleranno la presenza discreta di Dio, che sa nascondersi e manifestarsi nel volto di chi vi pone accanto. In tale contesto si inserisce il discernimento, un termine così caro alla spiritualità ignaziana e che abbraccia la vita in tutte le sfaccettature. Ogni seminarista è chiamato a fare discernimento, insieme ai formatori, affinché il dialogo tra la grazia di Dio e la libertà della persona sia reale. Nella sinfonia tra la grazia divina e la libertà personale si realizza l’esperienza della maturazione della vocazione battesimale nella forma del presbiterato. San Giacomo, nella sua breve, ma intensa lettera, scrive a proposito della vocazione: “Siate costanti, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi” (cfr. Gc 5,7-8). Avere la pazienza dell’agricoltore è un grande dono da chiedere al Signore nel tempo del Seminario. Occorre attendere il tempo della grazia, il tempo opportuno, il momento giusto per raccogliere i frutti e per aspettare che la propria vocazione giunga alla pienezza della maturità. In un tempo di crisi valoriale come il nostro, in cui vengono a mancare punti di riferimento chiari e gli orientamenti sembrano sparire, occorre recuperare la pazienza dell’agricoltore, il quale mostra una fede smisurata nel credere che presto o tardi il frutto del suo lavoro si manifesterà. Bisogna allora attendere non da spettatori, ma da collaboratori.  Risulterà efficace negli anni di formazione approfittare del tempo ricevuto per investirlo nella formazione, nel fare scelte e verifiche con discernimento e sapienza, plasmando la vita spirituale con quella solidità granitica che diventerà risorsa per il tempo della prova e della crisi. Anche quest’ultima, la crisi, può essere vissuta come tempo opportuno, in cui fare “scelte” (come ci ricorda il termine crisi) che siano conformi alla volontà di Dio e aderenti alla storia. 

All’inizio di ogni storia vocazionale tutti ci poniamo un interrogativo: “è la strada giusta per me?”. Credo sia importante domandarselo ogni giorno e lasciarsi accompagnare da questo interrogativo fino all’ultimo giorno della vita. È necessario essere disponibili ai segni e alle tracce che Gesù dispone sul nostro cammino, facendoci accompagnare da chi è esperto nella preghiera, da chi è formato in umanità, da chi possiede risorse da cui attingere arricchimento valoriale. Mi piace pensare alle parole di Gesù come ad un programma di vita vocazionale perfettamente confacente alla chiamata che avete ricevuto. Il Vangelo di Giovanni riporta l’espressione dell’invito a seguire il Signore con due soli verbi: “vieni e vedi”. Quanto è importante costatare il fatto che Gesù non dia ai chiamati alcuna raccomandazione previa. Li chiama a seguirlo, senza sapere il dove e il come tale chiamata si concretizzi. Due verbi che indicano il moto e la visione. La vocazione è la riscoperta della bellezza di essere in cammino, come Abramo, verso la meta di una felicità che solo in Dio può trovare terreno fertile per maturare in pienezza. Ed è la riscoperta di vedere quanto stiamo a cuore al Signore, con quanta tenerezza e premura paterna siamo “guardati” da Lui, senza alcun giudizio accusatorio. 

La prima lettura che abbiamo ascoltato tratta dal primo libro dei Maccabei ci mostra lo zelo di Mattatìa come testimonianza di fedeltà e amore per il Signore. Essere zelanti per le cose giuste, sane e sante, è dimostrazione di quanto ci sta a cuore il dono della vita. Il contrario dello zelo sono la negligenza e la trascuratezza. In più circostanze si fa esperienza del fatto che le cose non vanno per come dovrebbero andare perché c’è tanta negligenza. Anche nell’ambito della fede siamo tentati di avere una relazione con Dio e con il prossimo con questa considerazione: “mi offro al Signore e cerco di fare quello che mi dice, ma sempre con un po’ di riserva”. Questo modo di pensare riflette mancanza di zelo, incapacità di essere solleciti nel compiere il bene. Il Signore non ci chiama ad una vita comoda e adagiata, ci chiede di indossare sandali scomodi e di dormire su cuscini di pietra. Essere misurati nel donarsi, amare in forma distillata, non è certamente quanto il Signore chiede ai suoi discepoli. Imploriamo da Lui il dono dello zelo per dare senso pieno alla vocazione e per seguirlo lì dove l’umanamente impossibile si tramuta nel divinamente possibile. 

Un secondo aspetto sul quale riflettere lo traiamo dall’immagine insolita di un Gesù piangente. Siamo abituati ad un Gesù reattivo, di controtendenza, fuori dagli schemi. Eppure, è bello recuperare questo tratto così umano di Gesù. Egli piange non per piangersi addosso. Non si tratta del lamentarsi per una vita troppo difficile, dell’incapacità di reagire dinanzi alle prove. Egli piange per chi spreca l’occasione propizia. Vorrei leggere in questo senso il tempo del seminario: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace”. Il tempo della formazione è kairòs, è grazia da non poter sciupare. È il momento opportuno che viene concesso per fare esperienza del Signore che fa visita alla tua vita. Non si può sprecare questa grazia, non si può perdere quest’occasione preziosa che è concessa per fare esperienza di quanto sia bello stare con il Signore. La grazia di questo tempo così importante sia per voi abbondante per sperimentare nella chiamata alla vita consacrata la realizzazione piena della propria esistenza, per non essere rimproverati da Gesù con le sue parole: “non hai riconosciuto il tempo in cui sei stato visitato”. 

La Vergine Santa vi guidi, vi accompagni nel discernimento e vi custodisca con il suo materno amore.