Insieme a Don Angelo, che ho già avuto modo di salutare e ringraziare, saluto e ringrazio anche Don Sergio che è il vicario foraneo di questa forania di San Marco. Ringrazio anche lui per la condivisione di questo momento di vita ecclesiale, un momento in cui, come ha ricordato il nostro sindaco, tutta la diocesi, non solo San Marco, gioisce.
Certo, i sacerdoti il sabato sera sono tutti giustamente impegnati nelle celebrazioni delle nostre comunità parrocchiali, e quindi Don Angelo e Don Sergio li rappresentano tutti. È bello e importante che ci sentiamo in comunione con tutti. Salutiamo, inoltre, chi ci segue attraverso la nostra pagina Facebook.
Questo ci permette di sentirci in comunione con tutti, perché nel cuore del Vescovo c’è spazio per tutti. La nostra bella diocesi, come tutte le diocesi, ha tante realtà. Sappiamo bene come, soprattutto dopo il Concilio, siano nati molti carismi nella Chiesa, e come lo Spirito Santo riesca davvero a creare tanta ricchezza, specialmente tra i laici.
I laici, come ben sappiamo, sono i protagonisti della vita della Chiesa. Non dobbiamo considerarli semplici collaboratori, ma parte del popolo di Dio. Siamo tutti partecipi e viviamo con zelo e dedizione questa preoccupazione per il Regno di Dio, ognuno secondo la propria vocazione: sacerdotale, matrimoniale, religiosa o consacrata, come nel caso delle nostre suore che sono qui presenti. Ognuno, secondo la propria vocazione, vive nella Chiesa il suo essere parte della comunità ecclesiale. Nel cuore del vescovo c’è spazio per tutti.
Numerosi sono i gruppi e movimenti presenti in diocesi: l’Azione Cattolica, gli Scout, i Cenacoli di Natuzza, che qui in Calabria sono molto sentiti, anche grazie alla presenza di questa donna santa.
Tante belle realtà animano la diocesi, e nel cuore di ogni vescovo c’è sempre un pensiero speciale per i sacerdoti e per le vocazioni alla vita sacerdotale. Il vescovo è chiamato innanzitutto a garantire alla Chiesa sacerdoti che possano accompagnare il popolo verso il Regno di Dio, anche attraverso la vita sacramentale. Il primo compito del vescovo è proprio questo: essere vicino ai sacerdoti e attento alla pastorale vocazionale. Il Serra Club ha avuto sempre un posto speciale nel mio cuore, anche per il servizio che, come sapete, ho svolto per tanti anni, circa 25, nel mio sacerdozio.
Ho prestato servizio nei seminari, sia quello maggiore di Napoli che quello diocesano di Aversa. Ed è proprio lì che ho avuto modo di conoscere il Serra Club, prima a Napoli e poi ad Aversa. Cesare mi chiedeva cosa mi avesse fatto innamorare così tanto del Serra, e posso dire che è stata la gioia di vedere i nostri fratelli laici così impegnati nel sostenere e accompagnare l’opera formativa dei sacerdoti, degli educatori, del rettore del seminario e del vescovo stesso. Ho avuto la gioia e la possibilità, grazie al nostro club di Aversa, di conoscere questa realtà, con la quale è nata una bella intesa, comunione e partecipazione. Ho visto persone impegnate in modo concreto nella vita del seminario, a supporto dei nostri seminaristi.
Così come accade anche qui, attraverso il volontariato di tanti, ognuno metteva a disposizione le proprie competenze, sia nella scuola che in varie professionalità. Questa presenza, così attenta e concreta verso i seminaristi, è molto importante, perché chi vive un cammino di formazione verso il sacerdozio deve sentire che c’è un’intera comunità che lo accompagna. È essenziale che siano coinvolti i laici, le famiglie e tutti coloro che vivono un ministero all’interno della Chiesa, accanto ai nostri seminaristi. Questo mi ha portato a coinvolgermi sempre di più in questa realtà, seguendoli e accompagnandoli, ricevendo anche molta ricchezza spirituale.
C’è stato un periodo in cui potevo muovermi di più e partecipare alle varie attività e iniziative in giro per l’Italia, accompagnando i nostri serrani e sentendomi parte di questa grande famiglia che è il Serra Club. Ho avuto anche la possibilità di andare a Washington per la canonizzazione di San Junípero Serra, un’esperienza davvero bella, all’insegna dell’amicizia e della fraternità. Abbiamo condiviso momenti di grande allegria, vissuti in un clima familiare, ma con un impegno concreto e fattivo.
Rimango sempre meravigliato e arricchito nel vedere i nostri amici laici che, nonostante gli impegni familiari e professionali, spesso molto gravosi, riescono a dedicare tempo e risorse per sostenere il seminario. Oggi, ad esempio, sono qui, lasciando famiglie e lavoro, affrontando viaggi e anche spese economiche per questa causa. È una grande testimonianza di fede, impegno, solidarietà e vicinanza verso la realtà del seminario e delle vocazioni sacerdotali. Non è solo compito del vescovo, del rettore o dell’equipe del seminario prendersi cura delle vocazioni, ma sapere che ci sono laici che si preoccupano di questo è molto bello.
I nostri seminaristi, come noi sacerdoti, hanno bisogno di sentire l’affetto, la vicinanza e la presenza di persone che non solo chiedono “come stai?”, ma che sono realmente accanto a te. Non basta chiedere “come va?”, perché spesso si risponde “tutto bene” anche quando si fa fatica a condividere ciò che si vive dentro. Sentire, però, che una persona è presente, che è davvero accanto a te, è molto significativo. Gli amici del Serra sanno dire ai nostri seminaristi non solo “come stai?”, ma sono presenti in modo concreto. Oggi, venendo da varie parti d’Italia, dimostrate non solo preoccupazione, ma anche la vostra presenza. Questo ci aiuta a comprendere la bellezza e la grandezza di questa realtà.
Abbiamo quindi pensato di far nascere questa realtà anche qui e di rilanciare la vita del seminario e la pastorale vocazionale della nostra diocesi, che vanta una lunga tradizione.
Il seminario ha sempre ospitato tantissimi giovani e seminaristi. Chi ha vissuto questa esperienza, come Don Angelo e i nostri sacerdoti, può raccontare di come tanti laici che incontro per la diocesi si vantano di aver trascorso del tempo in seminario. Certo, molti hanno compreso che non era questa la loro vocazione, ma anche solo il formare buoni cristiani e aiutarli a vivere una vita ricca e intensa di valori è una grande opera educativa. Da qui sono usciti tanti buoni cristiani e tanti buoni sacerdoti che abbiamo in diocesi. Per molti, ripeto, la frase che mi dicono è: “Sono stato in seminario”, e si vantano di aver vissuto questa esperienza. Questo dimostra come il seminario abbia sempre avuto una grande storia, grazie all’impegno di sacerdoti e laici. È come se il Serra Club ci fosse sempre stato, anche se non in modo ufficiale come oggi.
La partecipazione di tanti, che oggi sono qui in numero così massiccio, è anche il segno di chi già teneva a cuore questa realtà e sentiva un legame forte con il seminario.
Molti laici lo considerano proprio come la loro casa. Mi raccontano di chi veniva ad aiutare in cucina, chi nel giardino e chi per le tante attività che si svolgono qui in seminario. Tutti sentivano e sentono il seminario come la loro casa.
Oggi, quindi, con questa realtà vogliamo rilanciare ulteriormente. Certamente con la preghiera, perché il Signore ci chiede di pregare per le vocazioni, ma anche con una testimonianza concreta. Io dico sempre che ognuno deve vivere il proprio stato di vita senza creare confusione. Pertanto, nel vostro stato, dovete vivere questa testimonianza di laici impegnati per questa realtà.
Oggi abbiamo ascoltato nelle letture che anticipano la domenica che celebriamo domani. Abbiamo sentito come il Signore dia il dono della profezia a molti, al punto che alcuni si scandalizzano. Anche nella pagina dell’Antico Testamento, dicono a Mosè: “Non sono dei nostri”, quasi meravigliati. Ma il Signore parla attraverso tutti, e ancor di più, perché no, attraverso i nostri laici.
Dobbiamo tutti essere profeti. Del resto, abbiamo ricevuto il dono dello Spirito Santo con il battesimo e con i sacramenti. Tutti siamo stati costituiti re, sacerdoti e profeti. Come si dice nel battesimo, il profeta non è colui che anticipa o che sa prevedere il futuro, ma è chi sa guardare lontano e oltre.
Ecco l’augurio che possiate essere profeti di speranza. Ci avviciniamo al Giubileo del 2025, e il Papa desidera che noi siamo pellegrini di speranza. Oggi, per voi, profeti di speranza, non dobbiamo lamentarci. Non dobbiamo pensare che non ci siano più vocazioni e che tutto sia un disastro. Noi siamo profeti di speranza e sappiamo che il Signore sa far sorgere figli anche dalle pietre e far fiorire anche il deserto che può sembrare arido e senza vita.
Ecco allora la vostra presenza nel mondo e nella società, che possa esprimere questa profezia di speranza. Quando la parola di Dio era rara, nel libro di Samuele, il Signore chiamò il piccolo Samuele a seguirlo. Anche quando i tempi sembrano duri e difficili, il Signore sa mandare profeti, e oggi manda noi ad essere annunciatori di questa speranza e di questa verità, dicevo, con la preghiera e con la presenza.
Perciò, nel lavoro, nella società, nella scuola e in famiglia, possiate essere profeti di speranza. È importante coltivare e curare questa cultura vocazionale, perché abbiamo bisogno che il mondo viva una cultura vocazionale, cioè che comprenda che la vita, dono di Dio, è un bene da condividere e va vissuta come una vocazione, una chiamata a cui rispondiamo. Siamo stati chiamati alla vita, alla fede e alle varie vocazioni, oggi impegnati in un concreto servizio. Questo è anch’esso una vocazione, e quindi la vita non deve essere vista come giorni, mesi e anni che passano, ma come un progetto, un sogno che realizziamo.
È fondamentale creare questa cultura vocazionale e, in modo speciale, sostenere queste vocazioni. Non possiamo inventare una vocazione, né credere di rispondere solo a un proprio desiderio. C’è qualcosa che viene dall’alto, da Dio, che dobbiamo sostenere e accompagnare. Certo, il Signore non farà mancare, come dicevo prima, operai nella sua messe, e ne abbiamo esempi. Certo, il numero delle vocazioni cala, ma calano anche le nascite, e quindi manca la materia prima. Le famiglie sono in difficoltà e rimandano le scelte, il che corrisponde ai contesti che viviamo.
Tuttavia, il Signore non ci fa mancare i pastori. Nella mia esperienza come direttore vocazionale, ho visto il miracolo che ogni anno si presenta: qualche giovane che chiede di iniziare un cammino vocazionale. Questo è un miracolo e nulla di scontato. Ma avviene, e lo dimostrano i nostri giovani, i nostri ragazzi qui presenti, che il Signore continua a chiamare. Noi dobbiamo sostenere e incoraggiare tutto questo, facendo capire che non è una vita sprecata, ma è una vita impegnata per ciò che è bello, per ciò che è importante, per ciò che vale, con un amore che sappia contenere tutto e tutti senza frenare questo.
Ecco, il Vangelo, con un linguaggio molto duro da parte di Gesù, ci avverte di stare attenti agli scandali, cioè a chi impedisce a qualcuno di camminare verso il bene e verso il Regno di Dio. Scandalizzare significa creare rottura e impedire a qualcuno di vivere il proprio cammino verso il Signore, specialmente i più piccoli, i più deboli e i più fragili.
Con un linguaggio così duro, veramente, è molto esigente su questo. Addirittura invita a mettersi una macina al collo e a buttarsi in mare, per sottolineare come lo scandalo sia qualcosa di terribile, in grado di impedire ai piccoli di vivere il cammino verso il Regno di Dio. Ricorderete che, domenica scorsa, Gesù ha posto i piccoli come modelli del suo Regno.
Ci sono persone che la impediscono, e parlo per esperienza. L’ho raccontato spesso anche ai nostri amici di Aversa e qui a San Marco. Quante volte ho ascoltato genitori che si domandavano: “Cosa ho fatto di male? Mio figlio vuole entrare in seminario come se stesse scegliendo di diventare un mafioso, un camorrista”. È davvero faticoso accogliere e comprendere questa chiamata, quindi non dobbiamo impedire o scandalizzare, ma incoraggiare e sostenere. Questo è ciò a cui il Signore ci chiama, ed è la profezia che dobbiamo annunciare con speranza, ottimismo, gioia e passione.
Chi vive bene la propria vocazione già svolge una pastorale vocazionale. Una suora sorridente, allegra e impegnata, trascina. Un sacerdote impegnato e sorridente, come sono i nostri sacerdoti, ha lo stesso effetto. I nostri seminaristi, a loro volta, trascinano con il loro esempio. Una coppia che vive in armonia e con gioia, nonostante le fatiche che ogni vocazione comporta, riesce a trasmettere questo entusiasmo. Ecco, possiate voi, con la vostra vita bella, impegnata e piena, far capire a tutti che è bello sposarsi, consacrarsi e seguire il Signore nella via del sacerdozio. Questa sia la profezia che il Signore ci consegna questa sera, sapendo che in questo non siamo soli; ci accompagna il Signore e la Beata Vergine Maria. Certo, anche noi vi accompagniamo. Il vescovo sostiene e accompagna tutte le realtà della vita diocesana, quindi noi vi siamo vicini.
Un sentito ringraziamento va al Presidente internazionale Cesare, al Presidente nazionale, al governatore, al Consiglio nazionale, alla nuova Presidente e a tutti gli amici venuti dalla Calabria e non solo.
Un particolare legame ci unisce anche al vescovo di San Marco, che è stato vescovo a Oppido, Monsignor Crusco, il quale è stato rettore del seminario per tantissimi anni, poi vescovo a Oppido e infine vescovo qui a San Marco. Esiste, quindi, un legame profondo con il seminario, la diocesi e con gli altri luoghi, come Rossano e la Sicilia, e da più in alto, dal nord. Grazie a tutti per questo segno di testimonianza, affetto e amicizia, anche nell’affrontare il viaggio e le difficoltà per arrivare qui.
Ecco l’augurio che tutto questo sia l’inizio. Non ci stanchiamo, non ci scoraggiamo e non perdiamo il ritmo. Dico sempre che chi ama corre. Quando uno ama e ha passione per qualcosa, corre. Non rimane fermo a dire: “Va bene, vediamo come va”. Dobbiamo quindi affrontare questa strada con grande entusiasmo, così da poter annunciare a tutti questa bella realtà della vocazione alla vita, al sacerdozio e alla vita religiosa.
† Stefano Rega